IN HER SHOES - SE FOSSI LEI

Trovare un cineasta che nella storia recente del cinema americano ha saputo dimostrare la versatilità ed allo stesso tempo la coerenza estetica di Curtis Hanson è impresa davvero ostica; la maggior dote che gli va attribuita è senza dubbio quella si aver saputo adeguare il suo stile visivo con estrema adesione alla storia e soprattutto al genere con cui ha deciso di cimentarsi. Regista che mai ha prevaricato l’essenza dei suoi film con l’invadenza della regia sull’opera stessa, Hanson ha dimostrato si trovarsi pienamente a suo agio nelle situazioni produttive più disparate: ci ha regalato il miglior noir degli ultimi anni, il roccioso L.A. Confidential; si è cimentato poi con ottimi risultati sia nella commedia sofisticata di Wonder Boys che nel melodramma a sfondo vagamente sociale di 8 Mile. Adesso Hanson ha scelto di cimentarsi ancora una volta con un altro genere, la commedia dolce-amara, in una storia che vede soltanto donne come protagoniste: analizzando la sua filmografia un simile tentativo non risulta poi così sorprendente se si tiene conto che l’universo femminile nel suo cinema ha rappresentato, seppur in numero minore rispetto a quello maschile, l’elemento di maggior lucidità e forza d’animo. Se infatti i più riusciti eroi di Hanson sono poliziotti cinici e violenti, scrittori in crisi di mezz’età o giovani musicisti squattrinati, dall’altro lato la Meryl Streep di The River Wild, la Kim Basinger di L.A. Confidential o l’incantevole Frances McDormand di Wonder Boys hanno impersonato figure carismatiche, donne che avevano ben conscia la propria dimensione e capaci di manipolare il sesso opposto. Alla luce di tali, semplici considerazioni il passaggio ad un film tutto al femminile non appare dunque così incoerente: a stupire invece dovrebbe essere ancora una volta l’abilità dell’autore nel saper costruire un universo filmico così ben delineato sia a livello estetico che psicologico: In Her Shoes di mostra fin dalle prime scene come un’opera di straordinaria linearità narrativa, messa in scena secondo un gusto che mescola la discreta sensibilità di un cineasta compassato e l’eleganza che da sempre accompagna lo stile di Hanson. La sua capacità di adesione ed al contempo di perfezionamento visivo sui suoi ultimi lungometraggi potrebbe a nostro avviso iniziare a far parlare di questo cineasta come di uno degli ultimi “classici”in circolazione. Ma se altri autori già fregiati di questo encomio, come ad esempio Clint Eastwood, sono arrivati a tale traguardo imprimendo via via al proprio cinema un tocco ed un tono del tutto personale, il regista di 8 Mile ci sta invece arrivando attraverso la via del confronto con il genere ben specifico, a cui sa adattare la propria poetica della visione con incredibile fluidità. Ogni nuova pellicola di Curtis Hanson non si segnala per una precisa idea di cinema che si mostra come perfettamente riconoscibile ed appartenente al suo creatore - vedi ad esempio l’opera di quello che consideriamo adesso il miglior “regista” vivente, Michael Mann -; eppure ogni suo film sembra essere un piccolo miracolo di semplicità e di coerenza (cosa c’è di più “classico”?). Anche questo bellissimo In Her Shoes è infatti una commedia dolce-amara che incanta per la sua sottigliezza, dovuta in gran parte alla costruzione precisissima della sceneggiatura di Susannah Grant; il grande pregio della messa in scena non è quello di mostrare sé stessa, ma di mostrare l’ammirevole bravura delle tre attrici: se il nostro applauso va dunque a Cameron Diaz e Toni Collette, il muto inchino però non può non essere dedicato a Shirley MacLaine, capace ancora dopo cinquant’anni di carriera di emozionarci soltanto con una smorfia. In definitiva, In Her Shoes è una delle migliori commedie viste quest’anno. Dotato di una grande struttura narrativa, a cui si accompagna una notevole caratterizzazione dei personaggi - cosa che non sempre è così scontata nell’odierno cinema americano - il film testimonia ancora una volta, se mai ce en fosse stato bisogno, la grande duttilità di un cineasta che sembra ormai capace di raccontare qualsiasi tipo di storia voglia raccontare. In un panorama in cui i “maestri” più blasonati sembrano cedere il passo e non sapersi adeguare alle nuove tendenze estetiche, Curtis Hanson sta assumendo il prestigioso ruolo di “artigiano” a tutto tondo. Parola che, a nostro avviso, è sinonimo pienamente compiuto di “autore”.
Novembre 2005
Cast & Credits
Regia: Curtis Hanson; sceneggiatura: Susannah Grant dal romanzo "A letto con Maggie" di Jennifer Weiner; fotografia: Terry Stacey; montaggio: Lisa Zeno Churgin, Craig Kitson; musica: Mark Isham; interpreti: Cameron Diaz, Toni Collette, Shirley MacLaine, Mark Feuerstein; produzione: Ridley Scott, Curtis Hanson per Scott Free; origine: U.S.A.; distribuzione: 20th Century Fox; durata: 130’.
