Incontro con Vincent Lannoo, regista di Little Glory

Abbiamo incontrato il regista belga Vincent Lannoo al Festival di Roma, dove si trova per presentare il suo film Little Glory - il primo girato fuori dal Belgio, negli Stati Uniti - nella sezione Alice nella città
Lei ha voluto ambientare il film in questo momento di crisi economica, ma in realtà non c’è molto dell’attuale crisi in Little Glory.
Per me era importante trovare un contesto di apatia sociale - che è proprio delle città dell’Europa come degli Stati Uniti – per ambientare quella che comunque è una storia d’amore, anche se tra un fratello e una sorella. Perché, anche se può sembrare una banalità, è l’amore che può aiutare a sbloccare questo genere di situazioni.
Lei ha detto che è l’attore che fa il personaggio, e per questo ha scelto Cameron Bright e Isabella Blake Thomas. Cosa precisamente ha visto in loro che, al di là del provino, l’ha convinta che fossero adatti per questo film?
In loro ho visto emozioni, verità e anche e soprattutto la capacità di esprimere il dubbio. E poi c’è il grandissimo talento di trasformarsi in qualcun altro. Forse per loro non sarà stato facile, ma per me come regista è stato facile lavorare con loro. Il mio mestiere consiste anche in questo: trovare degli attori che come loro siano in grado di dare qualcosa di se stessi al personaggio. Questo è fondamentale per tutti i film, e nel mio in particolare non c’era nessuno spazio per l’artificio e i manierismi. Per me è stato molto importante avere degli attori come Cameron e Isabella, che in un certo senso fossero ancora “vergini”. Ad esempio Cameron è già stato visto senz’altro, ma non è ancora inflazionato.
L’intera troupe del suo film è belga, ma la storia - o meglio non la storia, che è universale, ma l’approccio ad essa – ha una sensibilità tipicamente americana. Come mai?
Quella di Little Glory’ una storia universale, sono certo di questo. Avremmo potuto farla anche in Olanda o in Francia. Ma credo che ai giorni nostri, sfortunatamente o fortunatamente, l’immaginario collettivo attinga principalmente dall’America. Penso che non ci siano molti film del genere al momento che vengano dagli Stati Uniti, quindi noi l’abbiamo fatto per loro!
Ora che ha girato in America, desidererebbe anche realizzare un film a Hollywood?
Perché no. Tim Burton ha detto che Hollywood è una magnifica prigione d’oro, quindi forse ce la potrei fare perché non mi piacciono le prigioni ma mi piace l’oro… Scherzi a parte non ne ho idea, vedremo cosa il futuro mi riserva, e non mi piace neanche tanto pianificare in anticipo quello che devo fare.

NELLA STESSA RUBRICA
-
FESTA DI ROMA 2020: Incontro con Pete Docter
-
CANDIDATURE DAVID DI DONATELLO 2020
-
MoliseCinema 2018: la bellezza del percorso e delle sue declinazioni
-
Intervista a Giordano Sangiorgi: Nuovo MEI 2016
-
Love is all - Piergiorgio Welby, autoritratto ("Racconti dal vero" all’Apollo 11)
TUTTI GLI ARTICOLI
