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Invictus - l’invincibile

Pubblicato il 2 marzo 2010 da Nicola Lazzerotti


Invictus - l'invincibile

Quella di Eastwood sembra essere sempre più una condotta coerente e lineare nel suo personale lavoro, sempre più affascinato da storie ‘morali’ e liminari. Non esistono, infatti, mezze misure. il suo cinema è totale: manifesto di un’umanità che da globale diventa unitaria e all’insegna di una visione del mondo splendidamente manichea.
Ai critici più esigenti, devoti ad una messa in scena più articolata e profonda, Invictus apparirà probabilmente elementare, ma questo è, a nostro avviso, una posizione ingiusta e quanto mai fuori luogo. Se è vero che la storia nella sua essenza è certamente ‘semplice’, ha però nella sua articolazione e nelle tesi che supporta il suo reale valore.

Dopo la sua scarcerazione e l’elezione a presidente del Sud Africa, Nelson Mandela (Morgan Freeman), assume il delicato compito di riunire un paese profondamente diviso dalla lunga e dolorosa storia dell’apartheid. Avendo individuato negli Springboks (la nazionale di rugby del Sud Africa) un potente simbolo per il rinnovato paese e nel concomitante mondiale di rugby una occasione da non mancare, Mandela comprende il valore intrinseco della vittoria sportiva e l’importanza che questa avrebbe potuto avere nel processo di unificazione del suo popolo.

Alla base di questo film, che tratteggia in modo diretto e immediato la storia dei primi anni del governo Mandela, si sviluppano diversi elementi. Prima di tutto la figura dello stesso Mandela, un politico lungimirante e attento, capace di percepire l’umore di un paese. ‘...il calcolo è umano, non politico...’ dice il protagonista, riferendosi in maniera attenta e allo stesso tempo immediata al valore delle emozioni umane e alla potenza che queste possono avere nella cultura di un popolo. A osservare bene di altro non si tratta che del concetto di panem et circenses applicato, in questo caso, a valori condivisibili e indiscutibilmente positivi. I problemi sociali non sono risolti naturalmente ma l’aver condiviso un’esperienza globale è il viatico per affrontare la quotidianità della separazione culturale.
Determinante la mano ferma dell’autore americano, evidentissima nella messa in scena che mai appare banale o solo semplicistica. Ogni emozione è sviluppata e amplificata, e lo spettatore ne è quasi stordito. In Invictus Eastwood mostra, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, un’immensa abilità nel dominare lo spettatore, nel guidarlo nei meandri di una storia che per quanto reale sembra una favola (non esiste un episodio di violenza in tutto il film!). Ma, nonostante questo, il dolore e il dramma di una nazione si avvertono continuamente, poiché immersi nella memoria collettiva e nelle coscienze del mondo. Il tema sportivo è allora posto giustamente al centro della narrazione e l’impresa assume connotati epici proprio per il suo significato recondito. Il cinema di Eastwood diviene dunque sempre più un cinema fatto di storie che hanno un sapore e un significato netto, una presa di posizione e uno sguardo sulla società e sulla storia preciso, capace di costruire figure radicali e coerenti che sono manifesti di un giusto vivere. Se a tratti tutto questo può sembrare semplice retorica poco importa, Eastwood tratta questa materia con un pathos e un carico enfatico permeato di un’autentica verità che sa scuotere la sensibilità dello spettatore. Ad aumentare l’aderenza con la materia raccontata, il grande lavoro dei due attori protagonisti capaci di creare un’identificazione fisica eccezionale con i personaggi rappresentati. Addirittura sbalorditivo il mutamento fisico di Damon. Questo non è certo il miglior film di questo grandissimo autore, ma comunque una grande opera, che si inserisce perfettamente in un’idea del cinema che è anche rappresentazione di un mondo agonico e decadente, in cui solo l’operato umano può fare la differenza.


CAST & CREDITS

(Invictus); Regia: Clint Eastwood; sceneggiatura: Anthony Peckham tratta dal romanzo ‘Playing the Enemy: Nelson Mandela and the Game That Made a Nation’ di John Carlin; fotografia: Tom Stern; montaggio: Joel Cox e Gary Roach; musica: Kyle Eastwood e Michael Stevens; interpreti: Morgan Freeman (Nelson Mandela), Matt Damon (Francois Pienaar), Tony Kgoroge (Jason Tshabalala), Julian Lewis Jones (Etienne Feyder); produzione: Malpaso Productions, Warner Bros. Pictures, Spyglass Entertainment; distribuzione: Warner Bros Italia; origine: U.S.A., 2009; durata: 133i’


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