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Iris: storia di un personaggio

Pubblicato il 1 ottobre 2007 da Sara Ceracchi


Iris: storia di un personaggio

Lunga e fortunata, la carriera della talentuosa Jodie Foster vanta un incipit niente affatto male. Bambina prodigio, la nostra ha già alle spalle un contratto con la Disney, ha recitato in alcuni spot pubblicitari e per la TV, nonché in Alice non abita più qui di Martin Scorsese, quando il maestro la rivuole nel cast del suo capolavoro. Taxi Driver, del 1976 è un elemento prezioso nel percorso di Jodie Foster, per questo ci è sembrato interessante dare un’occhiata dietro le quinte di quell’esperienza: a questo scopo torna indispensabile saccheggiare il sostanzioso documentario compreso nell’edizione DVD di Taxi Driver (Making Taxi Driver, di Laurent Bouzerau), ricco di interessantissime interviste a Scorsese, Paul Schrader, e agli interpreti.
Jodie Foster racconta che la sua avventura iniziò con una telefonata di Martin Scorsese alla madre (che farà da manager alla figlia fino al compimento della maggiore età, spingendola col tempo verso ruoli sempre più ruvidi) che le annunciava di avere in serbo per la ragazzina il ruolo di una prostituta. Malgrado la convinzione che il regista fosse impazzito, la madre portò la bambina al provino in divisa scolastica: e lì Scorsese si convinse ancor più che Jodie fosse l’ideale per interpretare Iris .
Il personaggio della prostituta bambina ebbe una gestazione affatto particolare: fu tirato su a sei, otto mani. Prima che si iniziasse a lavorare alle scene di Iris, Paul Schrader – autore della sceneggiatura- aveva conosciuto una ragazza di quindici anni, una prostituta, tossicodipendente. Una sera la invitò nella sua stanza d’albergo per pregarla di seguirlo sul set il giorno seguente: dovette pagarla perché dormisse sul suo divano, per assicurarsi che non l’avrebbe persa. “Spinsi un biglietto sotto la porta di Martin con scritto ieri sera ho conosciuto Iris”. Il mattino seguente la ragazza, Scorsese e Schrader presero la colazione insieme e in quel frangente, racconta lo sceneggiatore, “prendemmo da quella ragazza molte delle caratteristiche che poi sarebbero appartenute al personaggio di Iris: il modo di parlare, di mangiare (il pane con un quintale di marmellata e zucchero), il fatto di cambiarsi in continuazione bizzarri occhiali da sole”. Molto di tutto questo lo ritroviamo nella scena del bar, quando Travis Bickle porta Iris a fare colazione.
Schrader e Scorsese pensarono di far conoscere la giovane prostituta alla piccola Jodie. “C’era questa ragazza, tutta ossa- ricorda la Foster-, Martin volle presentarmela. La incontrai sul set e Paul e Martin mi chiesero di parlarci, convinti che saremmo diventate subito amiche perché avevamo più o meno la stessa età. Io dissi “ciao!” e lei… “ciao!”. Non avevamo assolutamente niente da dirci! Però diventammo amiche nella finzione..”. Ci sono un paio di scene nel film dove appare questa giovane che accompagna Jodie Foster: per esempio nella scena in cui Travis quasi investe Iris è lei a togliere l’amica spaventata dalla strada. E compare qui come una presenza quasi spettrale, come un fugace scomodo legame con la realtà che si stava tentando di rendere nel film: appare magrissima, col la pelle quasi verdognola, indossa occhiali da sole malgrado sia buio, e una sigaretta le penzola dalle labbra. Malgrado l’abisso tra le due ragazzine, è fuor di dubbio che la presenza della giovane prostituta abbia influenzato la sensibilità interpretativa di Jodie Foster. Non a caso, l’attrice racconta che al momento di decidere per i suoi costumi il ruolo iniziò a pesarle: “andammo con mia madre e Ruth –Ruth Morley (1925-1991), la costumista, N.d.R.- a comprare gli abiti per il personaggio di Iris: scarpe orribili con le zeppe, canottierine, calzoncini corti…Io ero una abituata a mettere le calze fin sopra il ginocchio per paura che si vedesse la gamba, e mi trovavo a dover indossare quei vestiti. Ricordo che iniziai a piangere, e mia madre dovette calmarmi e ricordarmi che era solo una parte..”.
Eppure prima che Jodie Foster potesse iniziare a girare, il copione di Taxi Driver era passato per le mani del Ministero dell’Istruzione, poiché un attore minorenne ovviamente non può lavorare in qualsiasi film, soprattutto se questo rischia di alterare i valori morali dell’interessato. L’attrice dovette essere esaminata da uno psichiatra che ne assicurasse la stabilità psicologica, mentre alcune scene, le più “hot”, furono “aggirate”: quando Travis Bickle si trova in stanza con Iris e lei inizia a slacciargli i pantaloni, Iris non è Jodie ma sua sorella Connie, di otto anni maggiore di lei, che le fa da controfigura.
Non furono però solo ostacoli per la giovane attrice. Curiosa è la sua esperienza con Robert De Niro: “Mi telefonava e mi diceva ‘ti va di venire a prendere un caffè con me?’. Passava a prendermi e ci infilavamo in metropolitana o in taxi. Andavamo a mangiare in un ristorante o in un bar, e lui normalmente diceva…niente. Letteralmente niente. Dopo qualche volta capii che quello non avrebbe mai detto nulla, così quando eravamo nei locali mi mettevo a parlare con altra gente, a giocare col cibo. Ma pian piano in questo modo iniziai a sentirmi completamente a mio agio con lui. Così iniziammo a provare le nostre scene: le provavamo, e ancora, e ancora, fino alla nausea! Io ero molto giovane, mi annoiavo da morire. A un certo punto però lui iniziò a improvvisare. Capii così che mi stava insegnando che il modo migliore per interpretare una scena è conoscerla come le tue tasche, poi puoi improvvisare: è così che si sono sviluppate scene come quella al bar..”.

Jodie Foster tratteggiò per Taxi Driver un personaggio innegabilmente indimenticabile, inquietante ma anche tenero, un po’ svitato e molto ingenuo: indimenticabile anche per quel suo tipico ‘vocione’, un po’troppo in contrasto coi tratti infantili della sua figura. In fondo in quel film tutto era troppo per lei, almeno in teoria: il personaggio troppo pesante, i vestiti troppo ridicoli, il film troppo violento. Eppure la piccola interprete dimostrò di poter andare assai oltre le aspettative, di trovarsi assolutamente a proprio agio e all’altezza di in una pellicola e di in un personaggio tremendamente amari.
Tuttora, quella che oggi è l’attrice più potente di Hollywood, continua a prediligere film graffianti e ruoli altrettanto forti: “i migliori film americani che conosco sono degli anni ’70, per l’onesta con cui affrontavano il tema della violenza, e per come percorrevano le strade dell’antieroismo…oggi sarebbe molto difficile proporre un film come Taxi Driver”. Gusti cinematografici a dir poco ottimi, che non sappiamo se attecchirono in lei con l’interpretazione di Iris, ma certamente dal suo incontro con Scorsese in poi quasi mai si ricordano pellicole o personaggi di Jodie Foster che non abbiano un fondo di irriducibile complessità e pregnanza. Ed è raro tutto questo per un’attrice donna nella Hollywood di oggi.


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