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Jimmy P.

Pubblicato il 20 marzo 2014 da Giovanni Spagnoletti
VOTO:


Jimmy P.

Chi già conosce Arnaud Desplechin lo dimentichi prima di mettersi alla visione di Jimmy P.. Quasi nulla infatti dei tratti distintivi del cinema del regista di Racconto di Natale è rintracciabile in quello che potrebbe essere classificato come un classico, quasi manieristico, film americano. Non è certamente solo il semplice atto di passaggio dalla lingua francese a quella inglese a determinare questo scarto, che coinvolge, molto più profondamente tutte la pellicola.

Sin dal soggetto scelto infatti è facile rintracciare i segnali di un cambiamento di rotta tanto radicale. Jimmy P. è infatti l’adattamento del volume Reality and Dream dell’antropologo Georges Devereux, interpretato nella pellicola da un sempre convincente Mathieu Amalric, che segnò l’inizio del connubio tra antropologia e psicanalisi alla fine degli anni ’40. Al centro del saggio e del film sono proprio le sedute che lo studioso, espero di nativi americani, ebbe con Jimmy Picard (Benicio Del Toro), reduce della seconda guerra mondiale con un passato tragicamente ricco di episodi. Sarà proprio il confronto fra i due, in una sorta di giallo dell’anima, fra fitti dialoghi e sognanti flashback, a rimettere insieme i pezzi di questo complesso puzzle, mostrando un quadro d’insieme talmente piano di spunti di studio da essere il modello perfetto per uno psicanalista.

Già scorrendo le righe della trama non era dunque difficile immaginare come questa pellicola non rientrasse nella filmografia più tradizionale di Desplechin. Così come poteva sorprendere la scelta di un protagonista come Benicio Del Toro e delle lingua, l’inglese. Ma non si fermano qui gli stravolgimenti che il regista francese apporta in questa sua ultima opera. La messa in scena infatti, puntuale e precisa, definita in ogni inquadratura, pulita in ogni taglio, appare infatti lo specchio perfetto di un tentativo, nel caso riuscito, di realizzare una pellicola di stampo americano classico. Proprio a questa idea di cinema infatti possono esser concessi quei piccoli vezzi stilistici che, in particolar modo durante i flashback, colorano e punteggiano tutta la pellicola. Così come, sempre all’altare di un prodotto perfettamente tradizionale, vanno ricondotte le interpretazioni di tutti i protagonisti in scena, sempre inappuntabili ma mai profondamente partecipi degli avvenimenti.

Volendo dunque vedere Jimmy P. come un prodotto da mercato, da grande pubblico, non si può trovare quasi nulla da eccepire al lavoro di Desplechin. Ciò non toglie che la pellicola lasci un retrogusto amaro a chi si aspettava, da un autore spesso in grado di toccare vette ben più alte, un film di tutt’altro respiro e intensità. Per questo, chi non conosce Arnaud Desplechin, sarà probabilmente ben contento di godersi questo piccolo e ben curato giallo dell’anima. Per chi invece lo conosce già la visone è sconsigliata senza un minimo di oblio.


CAST & CREDITS

(Jimmy P. (Psychotherapy of a plains indian)); Regia: Arnaud Desplechin;Sceneggiatura : Arnaud Desplechin, Julie Peyr, Kent Jones, tratto da Reality and Dream di Georges Devereux; fotografia: Stéphane Fontaine; montaggio: Laurence Briaud; interpreti: Benicio Del Toro, Mathieu Amalric, Gina Mckee, Larry Pine, Joseph Cross, Elya Baskin; origine: Francia, 2013;  durata: 114’


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