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L’A.S.S.O. nella manica

Pubblicato il 19 agosto 2015 da Stefano Colagiovanni


L'A.S.S.O. nella manica

Come si sono ridotti gli adolescenti della generazione dei social network! Cinici, assuefatti alle mode del momento, stressati dalla marea montante della socializzazione via internet, in perenne competizione gli uni con gli altri. Così una semplice scuola finisce irrimediabilmente col trasformarsi in un campo di battaglia o, in questo caso, in un anfiteatro nel quale sono i re e le reginette del ballo a comandare, a spingere gli altri coetanei verso i sentieri da loro indicati, lasciando che i meno “cool” si azzuffino a vicenda per guadagnarsi un posto sui gradini più alti della scala sociale adolescenziale (e questo non è che un anticipazione della società adulta, con le dovute proporzioni che il caso richiede...).

Facile intuire come in un conflitto così aspro e impietoso capiti che a volte prevalgano i più astuti, o i più meschini, o i prepotenti o, perchè no, le eccezioni. E Bianca Piper (Mae Whitman) è una di esse, l’amica invisibile, l’A.S.S.O., che non è un complimento, ma un acronimo offensivo e umiliante: Amica Sfigata Strategicamente Oscena. Il punto di svolta sta tutto nella consapevolezza di essere un A.S.S.O., uno strumento nelle mani dei più “forti” e popolari.

Ispirato al romanzo best-seller del New York Times, The Duff di Kody Keplinger (tradotto in Italia con il titolo Quanto ti ho odiato), L’A.S.S.O. nella manica rappresenta l’ennesima occasione sprecata nel genere teen-movie. Il regista Ari Sandel e lo sceneggiatore Josh Cagan, coadiuvati dalla Keplinger, pongono da subito le basi per una pellicola di denuncia (l’iperattività della generazione aggrovigliata nel web, il bullismo scolastico), focalizzandosi sulla figura del liceale sfigato che, di per sè, non rappresenta affatto una novità, ma inquadrata in una rigida e crudele scala gerarchica avrebbe potuto valorizzare diverse chiavi di lettura: utilizzare un ambiente scolastico per puntare il dito contro l’effimero snobbismo di una società impaurita dalla presenza del diverso, ossessionata dalla bellezza di un corpo senza difetti, anestetizzata e dipentente dalle mode passeggere e completamente alienata, annichilisce e spaventa lo spettatore a tal punto da indurlo a credere che, presto o tardi, il protagonista umiliato e declassato insorgerà per far valere i propri diritti, ostentare le proprie debolezze, che altro non sono se non veri punti di forza, così da scuotere la coscienza del popolo viziato e guidare una rivoluzione. Ma tutto si sgretola sotto il peso schiacciante di aspettative troppo esigenti e la rabbia lascia il passo ai dilemmi sentimentali, il buonismo pre-confezionato ricopre ogni patema d’amore, incomprensioni di coppia, stereotipi cari al genere e va a finire che anche questa volta le ragazzine turbate e terrorizzate allo stesso modo di Bianca si ritroveranno a sperare nell’amore impossibile, come se questo fosse più importante che lottare con le unghie e con i denti per esorcizzare gli oppressori e imporsi per quel che si è, piuttosto che per quel che la società pretende che si diventi.

Certo, il messaggio è limpido e si coglie sul finale, ma tutto è reso in maniera prevedibile, senza mai osare, e L’A.S.S.O. nella manica non verrà ricordato per l’ambizione di spingere gli adolescenti di oggi verso una rivoluzione culturale, ma come una commediola romantica identica a molte altre, sgretolatasi perché succube degli stessi difetti che si proponeva di denunciare. Probabilmente non verrà ricordata affatto.


CAST & CREDITS

(The Duff); Regia: Ari Sandel; sceneggiatura: Josh A. Cagan, Kody Keplinger; fotografia: David Hennings; montaggio: Wendy Greene, Bricmont; musica: Dominic Lewis; interpreti: Mae Whitman, Robbie Amell, Bella Thorne, Bianca Santos, Skyler Samuels; produzione: CBS Films, Vast Entertainment, Wonderland Sound and Vision; distribuzione: Eagle Pictures, Leone Film Group; origine: U.S.A., 2015; durata: 100’; Proposta di voto: 2


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