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L’amore che resta

Pubblicato il 13 maggio 2011 da Salvatore Salviano Miceli
VOTO:


L'amore che resta

Immaginando di entrare in sala senza conoscere l’identità del regista, è la prima inquadratura a denunciare immediatamente la paternità di Gus Van Sant. Scelto per aprire Un certain regard, Restless è una delicata storia d’amore che si discosta, almeno in parte, dalla durezza del precedente e bellissimo Paranoid Park.
La visione del film suggerisce tanti dejavù. C’è tanto cinema passato nel racconto che il bravo regista del Kentucky affida allo schermo, un po’ per la tenerezza con cui Van Sant affronta il rapporto dei due adolescenti un po’ per suggestioni che riportano alla mente atmosfere quasi vicine alla nouvelle vague.
La camera non smette di inseguire dettagli e particolari dei volti dei due giovani protagonisti. E del resto basta ripensare alla filmografia, soprattutto recente, di Van Sant per rendersi conto di come il regista affidi proprio alla fisicità dei suoi protagonisti, ed alla loro figura quasi sempre androgina, il compito di veicolare le emozioni più forti del suo cinema. Restless non costituisce, dunque, eccezione e la sceneggiatura di Jason Lew si articola e si realizza attraverso la recitazione mai sopra le righe di Henry Hopper, figlio di Dennis e qui al suo debutto, e di Mia Wasikowska, la Alice di Burton.
Per quanto la storia parta da presupposti tutt’altro che spensierati, in nessun momento il regista, ed è un suo grande merito, cavalca l’onda di una emotività che invece cresce spontaneamente, senza alcuna concessione a facili derive lacrimevoli. Il film commuove, al contrario, proprio per la naturalezza con cui il racconto si porta a compimento. La fedeltà che Van Sant mostra nel suo studio dell’età adolescenziale, che qui si arricchisce di un nuovo capitolo, fa di Restless un piccolo gioiello di semplicità, dote quanto mai rara nel cinema contemporaneo. È un modo di concepire il racconto cinematografico talmente prossimo alla realtà da mascherare, quasi, lo stile del suo autore.
Eppure la mano di Van Sant è ben visibile nella scelta di ogni inquadratura, nella gentilezza del montaggio e, proprio come in Paranoid Park, in una modulazione della luce che stabilisce una corrispondenza diretta con i tanti stati d’animo che si succedono sullo schermo. Perché se il nucleo del film è senza dubbio la relazione dei due giovani, ciò che gli fa da cornice è una riflessione, ancora una volta non esasperata, sulla vita e sulla morte, tanto sulla malattia e sul dolore quanto sulla loro accettazione. E l’epilogo mostra come anche attraverso il superamento di tutto questo si riesca, pur con un sorriso quantomai amaro, a crescere.


CAST & CREDITS

(Restless) Regia: Gus Van Sant; sceneggiatura: Jason Lew; fotografia: Harris Savides; montaggio: Elliot Graham; scenografia: Sara Parks; interpreti: Henry Hopper (Enoch), Mia Wasikowska (Annabel), Ryō Kase (Hiroshi), Schuyler Fisk (Elizabeth); produzione: Sony Pictures; distribuzione: Sony; origine: Usa; durata: 95’.


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