L’ESPRESSIONISMO TEDESCO alla Casa del Cinema dal 22 al 25 aprile in collaborazione con Ermitage

Dal 22 al 25 aprile alle ore 17 la Casa del Cinema di Roma ospita la rassegna L’ESPRESSIONISMO TEDESCO, con la proiezione, in collaborazione con Ermitage, di 4 capolavori del filone espressionista: Il Golem di Paul Wegener, Il gabinetto del dottor Caligari, di Robert Wiene, L’angelo azzurro di Josef Von Sternberg e Tartufo [nella foto] di Friedrich Wilhelm Murnau. In particolare vi segnaliamo mercoledi 23 aprile dopo la proiezione del film la presentazione del cofanetto dvd “L’espressionismo tedesco” (ERMITAGE) presentato dal prof. Giovanni Spagnoletti e da Giacomo Martini.
Nel febbraio del 1920 a Berlino veniva proiettato per la prima volta il film “Il gabinetto del dottor Caligari” del regista Robert Wiene. La proiezione decretò un immediato successo a causa della sua originalità dovuta all’uso di set stilizzati con artificiosi effetti dipinti sullo sfondo, quasi come quinte teatrali. La recitazione, inoltre, era fatta di movimenti innaturali, a scatti, simili a quelli della danza, quindi totalmente irrealistica. I critici sostennero che lo stile espressionista era arrivato anche al cinema. Il movimento dell’“Espressionismo”, infatti, era apparso nel 1908, principalmente nel campo della pittura e del teatro; adottato in diversi paesi europei, raggiunse il culmine in Germania. Molte tendenze artistiche del XIX secolo, come l’Impressionismo, si erano fondate sul realismo e sulla percezione della realtà. Al contrario l’Epressionismo rappresentava – in reazione al realismo – un tentativo di esprimere l’interiorità, l’inconscio e quindi, le emozioni attraverso distorsioni estreme.
Alla proiezione del Caligari seguirono altri film espressionisti fino a dare vita ad un vero e proprio genere che sarebbe durato fino al 1927. Gli storici includono nel filone pochi film ovvero quelli che come il capostipite già menzionato. Tra i più originali vanno citati: “Golem” di Paul Wegener e Carl Boese, “Destino”, “Il dottor Mabuse” e “I Nibelunghi” e “Metropolis” di Fritz Lang, “Nosferatu il Vampiro” e "Faust" di Friedrich Wilelm Murnau e un capolavoro non propriamente espressionista ma che determinate distorsioni stilistiche fanno rientrare nel filone: “M il mostro di Dusseldorf” di Fritz Lang.
Nel cinema classico, la figura umana è l’elemento più espressivo e il set, i costumi e l’illuminazione sono subordinati ad essa; nel cinema espressionista l’espressione della figura umana si estende ad ogni elemento della scenografia. Negli anni ’20, infatti, per descrivere tali film, si faceva spesso riferimento alla “recitazione” delle scenografie, che si fondevano con i movimenti degli attori.
Nel 1924, Conrad Veidt, l’interprete di Cesare, protagonista del “Caligari” dichiarava che se «la scenografia è stata concepita per esprimere lo stesso stato spirituale che guida la mentalità del personaggio, l’attore potrà trovare in essa un valido aiuto nella definizione e interpretazione della sua parte. Egli dovrà fondersi nell’ambiente rappresentato, ed entrambi dovranno muoversi allo stesso ritmo». In pratica, non solo si voleva che la scenografia funzionasse quasi come un elemento vivente, ma anche il corpo dell’attore divenisse un elemento visivo.
I film espressionisti cercavano di ottenere una perfetta coesione tra elementi scenografici, attori, costumi e illuminazione. Si ricorreva spesso a superfici stilizzate, forme simmetriche che spesso venivano giustapposte ad altre simili. Il tratto più comune resta però l’uso di forme distorte che trasformano gli oggetti, come abitazioni sghembe e scalinate incurvate e irregolari.

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