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L’estate d’inverno

Pubblicato il 20 ottobre 2010 da Edoardo Zaccagnini


L'estate d'inverno

Questo piccolo e indipendente film italiano, ennesima silenziosa e tenace opera prima a basso costo, non può essere giudicato senza tenere conto della giovanissima età del suo autore. La lavorazione di ciò che oggi arriva al cinema col titolo di L’estate d’inverno, ossimoro che sintetizza bene il film, inizia quando Davide Sibaldi, il regista, non ha ancora compiuto vent’anni. E questo conta molto ogni volta che si tenta una descrizione del suo esordio, così come influisce su ogni tipo di giudizio sul film. Che è, anche in virtù dei dati anagrafici sopra citati, un giudizio positivo. Si ha anche la sensazione, visto che aumentano i casi di baby esordienti italiani, enfant di sicuro, prodige lo dira il tempo, che l’approccio al lungometraggio, e al cinema in generale, sia più semplice oggi rispetto a qualche anno fa. Per via del digitale e delle sue positive conseguenze, che rendono l’alternativa al duopolio Rai-Mediaset (e ai loro affini) sempre più percorribile, almeno da un punto di vista produttivo (non da quello distributivo). Un reale e medio abbassamento dei costi rende più liberi, più spontanei, più coraggiosi e quindi belli, autori e produttori. Speriamo bene per il futuro.

_Oggi ne ha ventitrè, di anni, Davide Sibaldi, e il suo sorprendente sforzo arriva nelle sale cinematografiche italiane, poche, distribuito da Irisfilm. Ed incuriosisce, sempre in relazione alla tenera età dell’autore, la tematica indagata dal suo film: una profonda interiorità umana inzuppata di psicanalisi. Sorprende il desiderio di un ragazzo così giovane di affrontare argomenti "tosti" e "pesanti", direbbe qualcuno, come quelli dell’abbandono e della rimozione, di quanto sia faticoso e difficile essere felici e di quanto sia più facile non esserlo. Colpisce, dunque, tanta attenzione ad un tema così grave ed ovviamente importante, che dimostra senza dubbio una sensibilità particolare da parte dell’artista, ed incrocia significativamente e inevitabilmente uno dei temi più analizzati dal cinema italiano recente, la famiglia. Analizzata con forme produttive e conteunitistiche diseguali, ma particolarmente centrale nelle riflessioni cinematografiche dell’ultimo periodo.

L’estate d’inverno è un fiume di parole precise, forse troppo, rovesciato, con atmosfere da saggio sul tema, in un’ora abbondantissima di dialogo a due, serrato, forse eccessivamente, dentro una camera da letto non asettica ma impersonale. Unità di tempo e di luogo sono una scelta obbligata ed ambiziosa al tempo stesso, con un ragazzo ed una donna, due bravi attori italiani provenienti dal Piccolo di Milano, che decidono di aprire il rubinetto del loro vissuto e del loro dolore. Il film ha un forte impianto teatrale, ed anche i due bravi attori protagonisti (Pia Lanciotti e Fausto Cabra) recitano senza entrare troppo in quella sorta di verosimiglianza del cinema fatta di imperfezioni, naturalezza estrema e totale antiletterarietà. Sparano, tecnicamente ineccepibili, consonanti e vocali come colpi di pistola, ma a volte sentiamo l’attore anticipare il personaggio e la recitazione del primo invadere la vita del secondo. Ciò nonostante, l’indiscutibile qualità recitativa degli attori, fusa con il buon ritmo che il regista e i suoi collaboratori sanno conferire al film (grazie ad inquadrature virtuose e ad un montaggio agile che scaccia ogni rischio di teatro filmato), evita che un film non furbo e povero di mezzi, naufraghi e si perda nel paese enorme dei film sbagliati ed irritanti. I protagonisti di questo Kammerspiel sono due italiani in un angolo freddo e malinconico di estremo Nord Europa. Una Copenaghen piovosa e notturna, che avvolge e isola una stanza d’albergo non squallida ma comunque anonima. Lui è un belloccio di diciannove anni in viaggio verso un’urgenza complicata ed antica; lei è una prostituta bella e spenta dalla vita, che di anni ne ha trentotto. Un amplesso a pagamento, prima che il film cominci, poi uno specchio ed un rossetto, che precedono un addio lungo tutto il film. Pieno di dolore accumulato, compresso dentro anime disgraziate e segnate da malasorte ed errori pagati a caro prezzo. L’apertura di entrambi è esponenziale, a tratti esagerata, in alcuni momenti madre di riflessioni ricche ed utili per lo spettatore. Alla fine gli elementi di originalità, sia di forma che di contenuto, si fondono con una certa voglia di stupire e sorprendere. Non mancano difetti, in una così giovane opera prima in cui il regista è anche sceneggiatore, così come non mancano aspetti decisamente interessanti, che rendono il futuro di Davide Sibaldi tutto da seguire. Da vicino, sicuri che la sua sensibilità e il suo talento cinematografico troveranno il modo migliore di esprimersi.


CAST & CREDITS

Regia: Davide Sibaldi; Sceneggiatura: Davide Sibaldi; Fotografia: Luca Fantini; Montaggio: Rita Rossi; Musiche: Davide Fusco; Interpreti: Pia Lanciotti, Fausto Cabra; Produzione: Ardaco srl, Distribuzione: Irisfilm; durata: 70 minuti.


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