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La commedia italiana: bentornato impegno civile

Pubblicato il 4 novembre 2013 da Francesca Polici


La commedia italiana: bentornato impegno civile

Sullo sfondo di uno stivale sfregiato dall’incompetenza di chi l’ha governato per troppi anni, troviamo un popolo stremato e reso indifferente al proprio destino. L’arduo compito di risvegliare le loro coscienze pare spettare al cinema. Ma se a ritrarre il decadentismo moderno di un’Italia corrotta e corruttrice è stato negli ultimi anni solo il cinema d’autore, dalla stagione cinematografica appena conclusasi è possibile notare che anche la commedia è tornata a interessarsi di temi socio-politici. Una svolta questa, che lascia sperare in un ritorno alle illustri origini, quando la gloriosa commedia all’italiana era in grado di trattare tematiche delicate senza mai abbandonare per questo l’aspetto ironico, ritraendo anche con un pizzico di amarezza un paese in trasformazione.

Ebbene, finalmente anche gli autori di oggi sono riusciti a cogliere e rappresentare le particolarità e le controversie della propria era mescolando e sperimentando diversi generi dal drammatico al grottesco. Basti pensare a Ravello che all’esordio dietro la macchina da presa con Tutti contro tutti è riuscito a porre al centro dell’attenzione il delicatissimo tema dell’emergenza abitativa facendo ridere a denti stretti, o ancora all’ultima commedia di Manfredonia Tutto tutto niente niente, che grazie all’esilarante supporto di Albanese ha dato vita ad una straordinaria satira politica in chiave “apocalittica”. Il sequel di Qualunquemente risulta essere però soltanto il primo di una lunga schiera di film che hanno avuto la politica come tema centrale. Di fatto, analizzando le opere di questa stagione nella loro totalità emerge chiara la rappresentazione primaria e costante dell’attuale classe dirigente e delle molteplici responsabilità individuali e collettive del disastro cui il paese è affondato.

Una crisi che Massimiliano Bruno con la sua opera seconda Viva l’Italia ha rappresentato perfettamente, attuando un impeccabile ritratto dell’Italia berlusconiana. Alternando letture di quello splendido “testo sacro” qual è la Costituzione, definita nel film dallo stesso autore un “capolavoro di fantasia e umorismo”, Bruno ci mostra un paese in confusione, dominato da scandali sessuali e bigottismo moralista in cui sante e puttane si prendono per mano ed inneggiano poi ai valori della “famiglia”. Corruzione, meritocrazia e precariato sono i pilastri intorno a cui si snoda la pellicola, oscillando fra risate e disperazione. Uno straordinario Placido, nei panni dell’Onorevole Michele Spagnolo, ci conduce nel cuore del deterioramento, attraverso una scena maestosa e profondamente toccante in cui questo si immerge negli scontri di piazza. Fra manganellate, urla e fumogeni si coglie il senso di colpa di chi ha indotto e causato il suddetto flagello. Eppure persino chi ha causato la morte di centinaia di persone, fra cui giovani e giovanissimi, macchiandosi del loro sangue e del loro tormento, lasciandosi corrompere da becere “mazzette” in cambio di uno sporco appalto, può redimersi, può “guarire dalla politica”. Ma a chiudere l’opera non è l’onda dell’antipolitica da molti cavalcata, piuttosto un messaggio di speranza ed un invito alla responsabilizzazione individuale, ad informarsi, a non dimenticare la storia, dal compromesso storico alla bicamerale, per scongiurare l’ennesimo “inciucio”.

Il monologo finale di Placido tuttavia non è poi così dissonante da quello di Bisio in Benvenuto Presidente. L’improvvisato Presidente della Repubblica come l’onorevole Spagnolo nell’assumersi le proprie responsabilità invita gli italiani a fare lo stesso, ad impegnarsi in prima persona smettendola di additare continuamente i “politici ladri”, giustificando così la propria passività e le proprie colpe. Mette in luce l’ipocrisia di un popolo pronto a giudicare l’incompetenza della classe politica ma in fondo desidera essere come loro per “sistemare amici e parenti”, si lamenta della mala sanità ma poi non paga il ticket e salta la fila perché amico del primario. Il regista Riccardo Milani però affonda ancora di più il colpo, e proprio nel periodo post elettorale in cui pare che i “grillini” abbiano raggiunto l’apice dei consensi, sfata il mito delle “istituzioni al popolo”, perché un onesto pescatore come Peppino (Claudio Bisio) “può solo dare una scossa, ma per cambiare davvero questo paese c’è bisogno di gente preparata”.

Un richiamo dunque, non soltanto all’impegno civile ma anche e soprattutto alla conoscenza e alla cultura. Una sollecitazione questa, che investe anche l’opera ultima di Roberto Andò Viva la libertà, in cui il regista mette a nudo con estrema destrezza uno sfondo politico di un’Italia divisa e stanca, in bilico fra speranza e disillusione. La storia del fallimento di Enrico Olivieri (Toni Servillo) infatti, ricorda con verosimiglianza il fallimento del centro sinistra di Walter Veltroni, rappresentante di un progetto politico in cui furono riposte innumerevoli speranze, deluse poi da quella parte politica che si è lasciata corrompere dalla frenesia e dall’isteria sociale. Attraverso l’escamotage narrativo del fratello gemello, Andò mostra come, ripartendo dalla cultura e dall’essenza più primordiale della politica, si possa uscire da quel baratro nero il cui fondo sembra essere sempre più profondo. Con le poesie di Brecht e l’eredità storica di Enrico Berlinguer, la Sinistra può tornare nelle piazze, fra la gente comune, facendo rinascere in essa quel sentimento passionale verso la politica. Pare quasi che l’autore voglia suggerire a coloro che hanno fallito nel progetto di ripartire dalla cultura e dal contatto umano, donando dignità a un Paese che l’ha ormai perduta. Una pellicola che restituisce un barlume di luce e speranza ad popolo reso cieco dall’indifferenza e la disillusione.

In un periodo storico alquanto delicato, in cui i cittadini si mostrano sempre più indifferenti e distanti dalla vita politica, queste opere acquistano una valenza sociale rilevante e mostrano come la crisi di valori sia fortemente sentita anche dal mondo intellettuale ed artistico, come gli stessi autori sentano l’esigenza di raccontare il proprio paese sollecitando una reazione nel loro pubblico. Peculiare è che la maggior parte di queste pellicole siano uscite nelle sale cinematografiche quasi alla vigilia delle ultime elezioni nazionali. Peccato che i suggerimenti degli autori non siano stati poi così colti.


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