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La La Land

Pubblicato il 26 gennaio 2017 da Anton Giulio Onofri
VOTO:


La La Land

Un’iniezione di colorato ottimismo made in USA, venato appena di stilosa malinconia rétro, nel ricordo di un tempo felice che fu del cinema e del mondo intero, almeno quello occidentale, quando il “sogno americano” era una pratica lecita e un po’ ingenua, che tuttavia permise di superare in fretta il trauma della guerra e riaccendere quella fiducia nel futuro, sociale, economico, culturale, che il ’68 provvederà a smantellare pezzo per pezzo, ma questa è un’altra storia… Dopo l’irritante Whiplash, che pure gli procurò vastità di consensi e due oscar, Damien Chazelle ritorna con un omaggio al Musical di Stanley Donen e Vincente Minnelli (ma dalla finestra lascia entrare, graditissimi, anche rèfoli di Jacques Demy) con un elogio del sogno invitandoci a coltivarlo di nuovo, se non come scopo da realizzare – realtà contemporanee troppo nere e amare hanno ormai cancellato dalla faccia della Terra la voglia di aspettarsi dal futuro qualcosa di buono e di roseo – almeno come fuga, un tuffo in un passato impossibile da recuperare se non attraverso la finzione cinematografica. Chiave del film è una battuta di Emma Stone, aspirante commediografa, a Ryan Gosling, al quale ha appena finito di leggere un suo testo teatrale fresco di scrittura: “Ti è piaciuto sul serio? - lei chiede a lui, che se ne è dichiarato entusiasta - Non pensi che sia troppo nostalgico? Ho paura che il pubblico non apprezzi…” E Gosling: “Si fottano!”.
Ecco: Chazelle rivendica, con queste parole, il sacrosanto diritto del regista di fare i film che vuole, fottendosene di quello che dirà un pubblico sempre più vittima dell’equivoco contemporaneo che vuole un cinema di matrice televisiva e piatta schiacciato dalla dittatura delle serie tv, da questo stesso pubblico considerate “meglio del cinema”. Con La La Land ha fatto il film che voleva, così come nel caso di Whiplash (gliene si dia atto), ma con un risultato infinitamente più convincente. Molte sono, infatti, le carte vincenti di questa sua opera terza, dai due azzeccatissimi interpreti già ricordati più sopra, ai numeri musicali concertati, coreografati, ripresi e montati (ma spesso si tratta di spericolati piani sequenza) con agilità e abilità da consumato maestro, sorprendenti per un autore così giovane. Ma al di là delle sue virtù oggettive, sono proprio i difetti, da cui La La Land non è immune, e che abbondavano in Whiplash, a diventarne un ulteriore punto di forza: l’eccessiva impostazione a stazioni programmate e la conseguente prevedibilità che affossavano il risultato del racconto realistico di una storia troppo compressa nel cliché della relazione maestro/carnefice-allievo/vittima come Whiplash, nel caso del Musical, genere simile all’Opera lirica, dove convenzioni e prevedibilità sono il cardine stesso di una tradizione narrativa che al realismo rinuncia fin da principio, adottando la pratica di cantare e danzare nel bel mezzo di una conversazione o di un ingorgo in autostrada, tutto miracolosamente funziona a meraviglia, e tra un song e un tip tap, tra un duetto e uno scatenato numero d’insieme, si sorvola sulla frettolosità di alcuni voltapagina senz’altro meccanici e sbrigativi, e si rimane irretiti dalla tenera love story dei due sognatori, cui Chazelle non riserva il consueto lieto fine, ma un destino più attuale e realistico che insieme a un po’ di inedito (per il genere) amaro in bocca ci lascia in cuore un’occasione in più di riflessione sull’amore e sulle sue infinite declinazioni possibili.


CAST & CREDITS

(La La Land); Regia: Damien Chazelle; sceneggiatura: Damien Chazelle; fotografia: Linus Sandgren; montaggio: Tom Cross; musica: Justin Hurwitz; interpreti: Emma Stone, Ryan Gosling; produzione: Black Label Media, Gilbert Films, Impostor Pictures distribuzione: 01 Distribution; origine: USA, 2016; durata:127’


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