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La pelle che abito

Pubblicato il 19 maggio 2011 da Salvatore Salviano Miceli
VOTO:


La pelle che abito

Ed ecco l’Almodóvar che non ti aspetti. O meglio, sarebbe dovuta essere una gran sorpresa questa nuova fatica del regista spagnolo, che segnava anche il ritorno in coppia con Antonio Banderas a distanza di circa venti anni da Tie Me Up! Tie Me Down!. Ed alcune novità è giusto sottolinearle.
Il film è certamente più vicino ad atmosfere da horror e da thriller di quanto non lo siano mai stati i precedenti lavori di Almodóvar. La storia è abbastanza macabra e lo stile, pur non entrando con piena convinzione nei generi sopra citati, fa l’occhiolino al noir ben consapevole che non mancheranno possibili vie di fuga verso l’amato melodramma. A ben guardare La Piel Que Habito possiede tanti dei tratti caratteristici del suo regista. Su tutti un gusto per il paradossale che trascina più di una volta un racconto abbastanza conturbante verso derive surreali. È quella presa in giro del reale e del "credibile" che Almodóvar in tutta la sua filmografia non ha mai cessato di portare sullo schermo. C’è poi il tema di una identità sessuale quantomai ambigua. L’uomo si risolve nella donna dando vita ad una creatura ibrida memore del proprio passato ed incerto sul presente e sul futuro.
Il corpo e la pelle (il titolo in questo senso è assai esplicativo) sono vissuti come effettivi contenitori materiale di un’anima che però non sempre si lascia piegare alla volontà di chi cerca di comandarla. Tutti questi topoi del cinema del regista spagnolo restano principali protagonisti della pellicola ed anche, in fondo, quegli indizi che riconducono alla certa paternità dell’opera.
Bravo Banderas, in grande spolvero, a mettersi in gioco ed a non avere timore di lasciarsi guidare dalle amare frivolezze cui Almodóvar ci ha abituato. La Piel Que Habito resta un film, però, a cui ci si avvicina e ci si allontana, finita la proiezione, con sospetto.
Se il fascino dell’architettura visiva è assicurato, così come morbosamente affascinanti risultano i dettagli che la mdp non si lascia sfuggire, la storia in sé sembra non decollare mai. Il regista ha sicuramente scelto un ritmo contenuto, e ritorna quindi la vicinanza con il noir, ma da quando, non troppo tardi, si inizia ad intuire come sono effettivamente andate le cose, cessano i colpi di scena tralasciandone qualcuno abbastanza prevedibile.
Da un lato resta, allora, il plauso per un film molto elegante e ben costruito, dall’altro si accende in lontananza un pizzico di delusione per un progetto che aveva molte potenzialità e di queste ne ha viste realizzate un numero troppo esiguo.
Ci sarebbe piaciuto assistere a scelte, anche estetiche, più coraggiose ed estreme. Nessuno chiedeva al regista di corteggiare lo splatter o di lanciarsi verso l’horror più spinto. Ma qualcosa in più, forse, si poteva osare. L’ovazione in sala, comunque, non è mancata. Viene da chiedersi se generata dalla effettiva qualità del film o quanto non sia figlia di una stima ormai incondizionata, da parte di pubblico e critica, verso l’autore.


CAST & CREDITS

(La Piel Que Habito) Regia e sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: Antxon Gómes; interpreti: Antonio Banderas (Robert Ledgard), Elena Anaya (Vera), Marisa Paredes (Marilia), Jan Cornet (Vicente); produzione: El Deso; distribuzione: Pathé Distribution; origine: Spagna; durata: 117’.


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