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LA PETIT LILI

Pubblicato il 18 gennaio 2004 da Edoardo Zaccagnini


LA PETIT LILI

Quello di Claude Miller è un film corale liberamente tratto da Il gabbiano di Cechov, un testo che secondo il regista possiede i caratteri dell’attualità e si presta a molteplici similitudini con la vita di cineasti e attori contemporanei. C’è una villa in Bretagna dove assieme alla neanche troppo piccola Lili si muovono una serie di personaggi sulla cui cechovianità è bene riflettere un istante. Certamente il nonno Simon, che osserva la sua vita mentre questa si spegne come un’estate a settembre. La consapevolezza lucida tragica e filosofica, più una tenerezza infantile, conferiscono al personaggio interpretato da Jeanne Pierre Marielle l’ autorevole patentino di appartenenza. Sua la battuta più bella del film: "il mio pessimismo è meno tragico del vostro ottimismo". Altro fantasma degno di suddetto epiteto è quello di Jeanne-Marie, affidato alla bravura di Julie Depardieu. L’innamorata nell’ombra, che aspetta e spera e sogna uno sguardo, e che trascorre la sua invisibilità facendosi del male, possiede tutte le caratteristiche di un personaggio universale. Più didascaliche e insincere le altre figure dell’ultimo Claude Miller, nella cui carriera e speriamo memoria vive mezza Nouvelle Vague e non solo. Tutti i personaggi dell’opera chechoviana sono gli eroi del film: Nina è Lili (Ludivine Sagnier), che sogna di fare l’attrice. Treplev si è trasformato in Julien (Robinson Stévenin), giovane cineasta agli inizi e intransigente. Sua madre Arkadina è Mado (Nicole Garcia), un’attrice di grande talento. Trigorine è Brice (Bernard Giraudeau), regista di successo e amante di Mado. Di Bresson, Godard e Truffaut, il regista de La Petite Lili fu assistente alla regia. E visto che da Cechov l’ adattamento è dichiaratamente libero, accade che il finale sia un discorso sul cinema inteso come racconto della propria sofferenza, per lenire la pena e ribadire lo stretto rapporto tra l’artista e il suo dolore. Immediato il pensiero corre al regista di Effetto notte, ma il legame tra il film di Miller e quello di Truffaut si limita alla comune sequenza di scene che descrivono carrelli e macchine da presa. In Miller non c’è l’atto d’ amore, semmai una via d’uscita sulla quale non mancano peraltro perplessità. Il rapporto con il maestro parigino si ha nella complessità dei personaggi e nella radicalità delle loro scelte, insieme ad un preciso omaggio che l’autore riserva a Truffaut inquadrando il manifesto di un suo film, La camera verde. Scompare invece parte del senso tragico in un revival finale in cui il nonno chiacchiera con l’icona Michel Piccolì e la romantica Jeanne-Marie sembra aver trovato l’equilibrio a fianco dell’amato Julien. Brutto, bruttissimo, parrocchiale il doppiaggio della protagonista Lili. Il regista non c’entra ma andava detto.

[gennaio 2004]

regia: Claude Miller, sceneggiatura: Claude Miller da Il Gabbiano di Anton Cechov, montaggio: Claude Miller, interpreti: Louise Boisvert, Julie Depardieu, Nicole Garcia, Bernard Giraudeau, produzione: Annie Miller, origine: Francia 2003, durata: 89’ distribuzione: Essebicinematografica

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