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La regola d’oro

Pubblicato il 28 febbraio 2021 da Francesca Pistocchi
VOTO:


La regola d'oro

Il destino, si dice, ha uno strano modo di rimescolare le carte in tavola: ce lo dimostra Alessandro Lunardelli (qui alla sua seconda esperienza da regista dopo Il mondo fino in fondo ), intento a tessere fra loro fili insospettabili. Ad esempio, quello di Ettore (Simone Liberati), militare italiano reduce da un rapimento in Siria, e quello di Massimo (Edoardo Pesce), autore tv giunto ormai al disperato epilogo della sua carriera. La regola d’oro (disponibile dal 26 febbraio su Tunes, Google, Chili Tv, Rakuten e Amazon Direct) si muove in una sorta di limbo sospeso fra quotidianità, guerra e palcoscenico, sovrapponendo diverse realtà solo a prima vista parallele. I personaggi vengono gettati sotto i riflettori in maniera volutamente casuale, immergendo lo spettatore in una tragicommedia umana dalle sfumature tanto luminescenti quanto ombratili. Così conosciamo Monica (un’aerea e cinica Barbara Bobulova), ex moglie e collega di Massimo, vera e propria incarnazione dell’afflitto Show Business che si dirama instancabile fra i nostri teleschermi. La sua perfetta antitesi risponde al nome di Jamila (Rita Hayek), intrepida compagna di Ettore decisamente poco incline ai compromessi, rimasta vittima dei fondamentalisti islamici. Non mancano all’appello l’inerme e angosciata Viola (Francesca Antonelli), figura materna per antonomasia, e il Bohemien fallito Renato De Lollis (Luis Gnecco), maschera farsesca e classico jolly di questo strano mazzo.

Lunardelli struttura il suo film seguendo la logica dell’inaspettato e dell’improbabile, dimostrandoci fino a che punto tale logica sia in grado di dominare la nostra quotidianità. La trama è interamente ricostruibile solo una volta oltrepassato l’ultimo fotogramma, i protagonisti si muovono senza sapere dove andare, i fatti di cronaca e quelli privati si raggomitolano in una matassa che nessuno sembra intenzionato a sbrogliare. Ma cerchiamo – per quanto possibile – di procedere con ordine: sappiamo che ad Ettore, perseguitato dai sensi di colpa, verrà consegnato il Premio Monticelli per il coraggio dimostrato in missione. Sappiamo inoltre che Massimo, visibilmente disilluso e appesantito da un vuoto interiore per lui stesso inspiegabile, trova nella storia del caporale una nuova (forse l’ultima) ragione di vita: così, egli comincia ad elaborare un folle e patetico discorso di ringraziamento che il soldato dovrà imparare a memoria e recitare alla consegna del suddetto trofeo. L’occasione viene creata ad hoc dalle autorità competenti sullo sfondo di una meravigliosa quanto artificiale Taormina che i nostri personaggi si limitano ad intravedere dalle finestre di un lussuoso albergo. Non ci vuole molto ad intuire l’esito di questa impietosa carnevalata mediatica, destinata a riscuotere il suo pegno alla fine dei giochi.

L’effetto è generalmente caotico e l’insieme, forse, risulterebbe più credibile se la macchina da presa scegliesse un punto di vista a cui legarsi. Ma ciò non accade, e le esistenze si affastellano su vari piani spazio-temporali: così osserviamo la routine piatta e schizofrenica di Massimo, l’onesta superficialità di Monica, l’indifferenza dei ministri, l’allegra malinconia di Renato e una pistola che passa di mano in mano fino a scomparire nel nulla (invalidando, fra l’altro, il famoso assioma di Čechov). Eppure, questo vortice matto e senza speranza continua a girare, schivando i pericolosi ostacoli incontrati durante il tragitto: ciò che Lunardelli mette in scena, difatti, non è tanto la verità, quanto la sua ricostruzione televisiva e (se vogliamo) cinematografica. I continui flashback di cui Ettore pare essere vittima ce lo confermano, di fronte ad un tale groviglio narrativo non sappiamo più distinguere ciò che è autentico da ciò che non lo è. Ogni evento viene adeguatamente romanzato, riscritto, reinterpretato da innumerevoli attori – non tutti, fra l’altro, all’altezza del proprio ruolo. L’intero apparato audiovisivo che circonda i protagonisti è talmente grigio e monodimensionale da mettere in luce ogni umana imperfezione: dalla saggia mediocrità di Massimo all’amorosa inconsistenza di Viola fino alla fredda ironia di un De Lollis. L’unico volto ad uscire indenne da questa pericolosa partita a scacchi è proprio quello di Simone Liberati, chiuso in un ostinato e fragile silenzio – l’unica regola d’oro che, in casi come questo, sarebbe forse dignitoso seguire.


CAST & CREDITS

La regola d’oro - Regia: Alessandro Lunardelli; sceneggiatura: Giacomo Ciarrapico, Davide Lantieri, Alessandro Lunardelli; fotografia: Francesco Di Giacomo; montaggio: Elsa De Falco Bonomi; interpreti: Simone Liberati (Ettore), Edoardo Pesce (Massimo), Luis Gnecco (Renato De Lollis), Francesca Antonelli (Viola), Barbara Bobulova (Monica), Jamila (Rita Hayek), Rashid (Hamza Kadri), Ministro (Andrea Pennacchi), Yvonne (Hadas Yaron), Maria Disegna (Sofia); produzione: Pupkin Production con Rai Cinema; origine: Italia 2020; durata: 99’.


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