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LA TIGRE E LA NEVE

Pubblicato il 23 ottobre 2005 da Pedro Armocida


LA TIGRE E LA NEVE

No, la contemporaneità non si addice ai poeti, figuriamoci ai registi che vogliono fare poesia. E difatti Roberto Benigni per raccontare la sua favola moderna sull’odierna guerra in Irak inzeppa “La tigre e la neve” di citazioni poetiche che vanno da Cardarelli a Caproni a D’Annunzio. E poi Hikmet, Neruda, Eluard per finire con due soli viventi, non a caso proprio non paragonabili con tutti gli altri: Vivian Lamarque e Paolo Conte di “Via con me”. Per raccontare, anche ‘solo’ poeticamente, la Storia di oggi al cinema ci vuole una certa distanza, almeno se non sei Charlie Chaplin. Lo sanno tutti, dovrebbe essere pacifico. Ma Benigni s’è incaponito. O meglio, avrà pensato il nostro dopo la delusione pinocchiesca, se “La vita è bella” ha funzionato così bene raccontando non senza onesti e sinceri sorrisi la tragedia dell’Olocausto, e ancor prima la mafia con “Johnny Stecchino”, perché non applicare la stessa formula all’Irak di oggi? Il risultato, al di là della tanto decantata poesia benignesca, è un guazzabuglio di gag e trovate e momenti drammatici che trova la sua cifra stilistica nella scompostezza. Che viene giustificata, ancora una volta e in maniera quasi ricattatoria, dall’importanza dell’assunto. Così visto che viviamo in un’epoca infelice (ma è mai esistita una felice?) abbiamo bisogno di qualcuno che ci sollevi la pesantezza del cuore e ricordi come l’amore sia il bene più prezioso e “la guerra sia inutile”. Almeno quella irakena, sembra dirci la “puerile voce” di Benigni. Il regista di Castiglion Fiorentino, come sempre, mette in gioco tutto se stesso per raccontare un tema a lui molto caro. Così facendo però, continua, perseverando, negli errori che sono tipici del suo cinema, troppo incentrato solo su di lui. A partire dalla scelta nefasta di controllare interamente la produzione, la scrittura, la regia e la performance attoriale. Le figure dell’amata Nicoletta Braschi, del poeta irakeno Jean Reno, per tacere dell’amico Battiston, entrano ed escono di scena in maniera così casuale che sarebbero potute anche non essere mai esistite. Il risultato è un’opera fortemente incoerente. Così come è accaduto ne “La vita è bella”, ci troviamo di fronte a due, se non più, film in uno. La cesura, certamente voluta e sottolineata fin troppo banalmente dalla diversa fotografia, dalla parte in Italia e poi quella nel campo di concentramento de “La vita è bella”, è ora pedissequamente ricopiata. Ma lì almeno tutta la seconda parte funzionava, facendo dimenticare l’inutilità della prima. Qui invece non c’è quasi mai un momento in cui lo spettatore riesca veramente a interessarsi a ciò che sta accadendo. Poi certo, in alcune singole scene, c’è tutta la maestria di quel folletto pazzo che è Benigni; Ma il cinema, crediamo, dovrebbe essere qualcos’altro. Per le comparsate basta e avanza la televisione.

[Ottobre 2005]

Regia: Roberto Benigni Interpreti: Tom Waits, Nicoletta Braschi, Emilia Fox, ean Reno, Roberto Benigni Anno: 2005 Origine: Italia Genere: Commedia Durata: 118’ Distribuzione: 01 Distribution

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