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La versione di Barney

Pubblicato il 18 gennaio 2011 da Donato Guida


La versione di Barney

È difficile per un film basato su un romanzo cult riuscire a emozionare i lettori appassionati che decidono di rivivere le loro passioni facendosi aiutare dalle immagini; in passato sono state davvero poche le pellicole capaci di attuare tutto questo e, senza dubbio, bisogna aggiungere loro questo nuovo film di Richard J. Lewis, La versione di Barney. Il film, come detto, è tratto dall’omonimo romanzo di Mordechai Richler, divenuto un vero e proprio caso letterario in tutto il mondo (in Italia sono state quasi 130.000 le copie vendute).
Barney Panofsky (uno straordinario Paul Giamatti), è un benestante ebreo canadese che decide, in maniera del tutto autobiografica, di raccontare gli avvenimenti della sua vita, o per dirla a modo suo, «la vera storia della mia vita sprecata». Il suo peggior nemico pubblica una sorta di libro-rivelazione nel quale sono inseriti tutti i negativi retroscena della vita di Barney; è a questo punto che l’uomo decide di raccontare, per filo e per segno, in maniera del tutto veritiera, il suo passato, rendendo autentici perfino i suoi fallimenti e i suoi sbagli, senza mai cercare di sviarli o renderli più dolci e meno patetici. La sua versione (il titolo preannuncia una visione autobiografica degli accaduti) appare avvincente, curiosa, delle volte patetica, ma sempre e comunque autentica. È così che veniamo a conoscenza dei suoi tentativi (riusciti e non) di successo, del rapporto con un padre che sembra tremendo (interpretato da un consumato Dustin Hoffman che non perde occasione di affascinare il pubblico con le sue incantevoli interpretazioni), i suoi viaggi e i suoi amori. Proprio gli amori sembrano essere il fulcro dell’opera: alla base della vita di Barney si piazzano ben tre matrimoni, tutti cominciati in poco tempo e terminati in modo altrettanto veloce: Clara (Rachelle Lefevre) è una donna bellissima, rossa come la passione e la libertà che spiazza ed ubriaca Barney, quasi facendo passare in secondo piano i suoi continui tradimenti; Mrs. P. è invece una sorta di principessa (ebrea come lui), alquanto logorroica, che riesce a parlare con la stessa velocità con la quale sperpera denaro; infine c’è Miriam (Rosamund Pike), vero e proprio amore della vita di Barney, la donna tanto corteggiata e tanto desiderata, con la quale dà alla luce i suoi due bambini. Ma tutti questi aneddoti sembrano essere nulla riguardo al mistero che sembra avvolgere la sua vita: la scomparsa del suo amico Boogie (Scott Speedman), con il quale c’è sempre stato un rapporto di odio e amore, e della cui inspiegabile sparizione è accusato lo stesso protagonista, additato come presunto omicida.
Il film è sinceramente apprezzabile e, nonostante i 132 minuti di durata, scorre senza tempi morti; il cast è di tutto rispetto e porta alla ribalta non solo Dustin Hoffman (sul quale oramai qualsiasi aggettivo positivo risulta banale e ripetitivo), ma soprattutto Paul Giamatti, attore di grande spessore che, spesso, viene sminuito e “utilizzato” soprattutto per parti secondarie o in film indipendenti (che, bisogna dire, l’attore sa scegliere in maniera ottimale, basti pensare a film come Storytelling di Todd Solondz). Giamatti è capace di offrirci un Barney Panofsky esuberante ed eccessivo, saggio e comi-patetico al tempo stesso, sicuramente cinico e irriverente, ma capace di grandi atti di romanticismo e galanteria; un uomo essenzialmente buono.
La regia del film è affidata a Richard J. Lewis e, possiamo dirlo, in maniera un po’ sorprendente: l’autore ha alle spalle non solo videoclip, pubblicità, e documentari della History Channel, ma soprattutto diverse regie televisive (specialmente della serie C.S.I.); il film, in ogni caso, è affascinante, grazie a una regia ottimamente calibrata. Ci si chiede cosa sarebbe potuto accadere – con tutto il rispetto che merita il lavoro di Lewis – con una regia dal nome più altisonante (a tal proposito, si noti la fugace apparizione, nel film, di David Cronenberg).
Resta un’opera affascinante, capace di dare alla luce immagini che rispecchiano (quasi) fedelmente un romanzo cult, nel quale gli avvenimenti e gli intrecci sono davvero tanti; è vero, bisogna sempre limare affinché un romanzo diventi sceneggiatura, ma questa volta bisogna proprio dire che i tagli, seppur dolorosi, non hanno troppo negativamente intaccato il film che, sicuramente, permetterà al romanzo di aumentare le proprie vendite – e, aggiungiamo, in maniera meritata.


CAST & CREDITS

(Barney’s version) Regia: Richard J. Lewis; sceneggiatura: Michael Konyves, tratto dall’omonimo romanzo di Mordecai Richler; fotografia: Guy Dufaux; montaggio: Susan Shipton; musica: Pasquale Catalano; interpreti: Paul Giamatti (Barney Panofsky), Dustin Hoffman ( Izzy), Rosamund Pike (Miriam), Minnie Driver (Mrs. P.), Rachelle Lefevre (Clara), Scott Speedman (Boogie), Bruce Greenwood (Blair), Mache Grenon (Solange), Jake Hoffman (Michael), Anna Hopkins (Kate), Thomas Trabacchi (Leo Fasoli); produzione: Serendipity Point Films, Fandango, The Harold Greenberg Fund; distribuzione: Medusa Film; origine: Canada/ Italia 2010; durata: 132 minuti.


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