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Le confessioni

Pubblicato il 20 aprile 2016 da Antonio Napolitano
VOTO:


Le confessioni

In un aeroporto tedesco è appena sbarcato un monaco (Toni Servillo) avvolto nel candore del suo abito talare completamente bianco e con in mano un piccolo registratore vocale. C’è un’atmosfera molto silenziosa e il monaco ne approfitta per risentire un verso che ha appena recitato nel registratore. È un verso tratto da A madonna d’ ’e mandarine, poesia di Ferdinando Russo. Pochi attimi dopo, la frugalità di quel momento viene interrotta dall’arrivo di un’auto di lusso che accompagna il monaco in un maestoso albergo immerso nella natura e che affaccia sul Mar Baltico. Sempre in silenzio, restando in quell’albergo, la macchina da presa procede aprendosi adesso ad un nuovo scenario in cui appaiono uomini e donne distinti ed eleganti che vengono catturati nella loro aria misteriosa. La sobrietà precedente viene ora alternata a scene più enigmatiche, elaborate attraverso inquadrature su dettagli non sempre decifrabili mentre la macchina da presa si muove e gioca sui contrasti come in un film di Paolo Sorrentino.

È un inizio di grande impatto che catalizza l’attenzione dello spettatore e lo catapulta direttamente all’interno de Le confessioni, il film di Roberto Andò, in sala dal 21 aprile con un cast di grandissimo rilievo (oltre al citato Servillo, ci sono anche Daniel Auteuil, Pierfrancesco Favino, Connie Nielsen, Moritz Bleibtreu, tutti in un ottimo stato di forma). Ma oltre agli attori, tra i protagonisti andrebbe inserito anche lo stesso albergo, elemento vitale che accoglie i personaggi per tutto il film e ne diventa il cuore pulsante, assorbendone tutti i segreti e le colpe.
Ci troviamo davanti ad un’opera di profonda atmosfera, di un ambiente che riflette in pieno le sfumature della narrazione in un continuo rimando tra interno ed esterno. Un rimando da intendersi sia in senso fisico che metaforico con lo scontro tra il pubblico e il privato, tra la certezza e il dubbio. E proprio intorno a questi due temi si sviluppa il film, da una parte c’è la certezza, incarnata da Daniel Roché (Auteuil) che rappresenta il direttore del Fondo Monetario Internazionale, uomo di economia, scienza fatta di numeri e che, in quanto tale, è caratterizzata dalla decisione e dalla risolutezza. Dall’altra parte c’è invece il dubbio personificato da Roberto Salus (Servillo) invitato da Roché a prendere parte al summit economico dei ministri del G8 e che, in quanto monaco, rappresenta invece la parte meno tangibile e più spirituale del mondo. Da una parte l’uomo che decide come movimentare tutto il denaro della Terra, dall’altra un uomo che ha fatto il voto di povertà e che non possiede nient’altro oltre al suo saio e ai suoi sandali. Ma questo leitmotiv non si riferisce ad uno scontro di classe sociale, non è la lotta del proletariato. Più che Marx e il materialismo storico, Andò evoca Josif Brodskij e la relazione tra etica ed estetica, razionalità e intuizione, temi che sono alla base della poesia (“L’estetica è la madre dell’etica. Le categorie di buono e cattivo sono, in primo luogo e soprattutto, categorie estetiche che precedono le categorie del bene e del male”). Come già era successo nel precedente Viva la libertà, il regista siciliano riesce (o almeno ci prova) ad utilizzare un linguaggio completamente fuori dall’ordinario del cinema italiano, parlando di politica in senso greco come “una riflessione sulla giustizia, di origine divina e governante non solo la società ma il cosmo”. Una politica che parte dall’essere umano, dal suo stesso disincanto che da particolare diventa inganno universale e che l’uomo prova a svelare solo attraverso il più profondo ed intimo atto di fede: la confessione.

E come è stato per quello di Elio Petri (anche se più positivo e con più spiragli), anche il cinema di Andò è un cinema politico che non ottiene sempre facile accoglienza ma che andrebbe invece lodato già solo per il senso della ricerca e per la forza del suo sguardo. Un cinema che osa e che squarcia gli scenari, sia formali che narrativi. E non fa niente se nel film si incorre ogni tanto in qualche eccesso di manierismo o in snodi fuorvianti di sceneggiatura che ne distolgono l’attenzione. A prescindere da questo, Le confessioni resta un film importante non solo per il nostro Paese ma per il cinema in senso lato.


CAST & CREDITS

(Le confessioni); Regia: Roberto Andò; sceneggiatura: Roberto Andò, Angelo Pasquini; fotografia: Maurizio Calvesi; montaggio: Clelio Benevento; musica: Nicola Piovani; interpreti: Toni Servillo, Daniel Auteuil, Pierfrancesco Favino, Connie Nielsen, Moritz Bleibtreu; produzione: Bibi Film, Barbary Films, Rai Cinema; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, Germania, 2016; durata: 100’; Proposta di voto: 3 stelle su 5


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