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Le Vite degli Altri

Pubblicato il 5 aprile 2007 da Mazzino Montinari


Le Vite degli Altri

Georg è un drammaturgo e ama Christa-Maria che è un’attrice, Gerd è un agente della Stasi incaricato di spiare la coppia per scoprire (ma sarebbe più corretto dire “dimostrare”) se sono traditori della causa socialista. È intorno a questi tre personaggi che Florian Henckel ha costruito la sua opera prima, Le vite degli altri, premio Oscar come miglior film straniero, miglior pellicola dell’anno in Germania e altri prestigiosi riconoscimenti in giro per i festival internazionali.
Tre personaggi attraverso i quali il regista tedesco ha ricostruito gli ultimi anni della DDR, di Berlino Est, del Muro che divideva la Germania e l’Europa in due blocchi, insomma gli ultimi fuochi della guerra fredda.
Film storico ma non solo. Perché Le vite degli altri è anche una classica storia d’amore, fedeltà e tradimenti, quella tra Georg e Christa-Maria; di spionaggio, quella che vede protagonista Gerd. Ed è anche una storia sulla vita e la sua imprevedibilità, quella che riunisce i tre personaggi menzionati e che trasforma tutto, che ribalta i ruoli, che modifica il bianco in nero e viceversa.
Questi diversi filoni narrativi racchiusi in un unico film spiegano il successo ottenuto in patria e all’estero da Florian Henckel, capace di coinvolgere sia il pubblico che è nato ieri pensando all’indistruttibilità del Muro, sia quello che oggi alla parola “guerra” associa con un riflesso condizionato il concetto di “civiltà”, ma anche quegli spettatori che riferendosi al verbo “controllare” o “spiare” pensano a quei loschi individui che, tanto per fare un esempio, fanno la fortuna della nostra tv di Stato e del network concorrente (si legga reality o vallettopoli!).
Spiegare cosa sono stati gli anni della Guerra Fredda e del Muro di Berlino in poche righe parlando di un film, è cosa che lasciamo volentieri a chi ha bisogno, per un breve e veloce ripasso, delle enciclopedie storiche allegate a «Repubblica» o al «Corriere della Sera», magari munite di polverosissimo dvd. Quello che si può dire qui con buona dose di irresponsabilità è che Henckel ha riassunto quell’epoca storica andando al nodo della questione. Il regime totalitario esercitato nei Paesi dell’Est (ma negli Stati Uniti facevano lo stesso massacrando gli oppositori, in primo luogo le Black Panther, ma anche i “Rossi” di Hollywood) usava la logica del “nemico oggettivo” non come mezzo per conservare il potere ma come fine del potere stesso. La trasformazione dal mezzo in fine è essenziale per riflettere sul totalitarismo (quello di ieri come quello di oggi). Spiare fino a smascherare i nemici dello Stato è l’attività principale di un regime politico che rende tutti colpevoli. E in uno Stato dove tutti sono colpevoli nessuno può dirsi libero. Non ha importanza di quale colpa si venga accusati, perché non c’è niente di umano in questo processo. La colpa è un dogma, il fine primo e ultimo del potere che sbriciola l’essenza dell’umanità, il senso della pluralità, dello stare insieme. Tutti sono nemici di tutti. Così accade che uno zelante funzionario della Stasi, Gerd, si metta a spiare una coppia di amanti, Georg e Christa-Maria, solo per mettere agli atti (perché comunque la follia umana ha bisogno di un passaggio burocratico) quello che è già prestabilito: sono nemici dello Stato.
È possibile l’amore (e anche l’amicizia) in un regime totalitario? Sì e no. Nel processo di dis-umanizzazione ogni legame viene rescisso, ogni gesto verso gli altri perde di senso perché tutto viene reinterpretato e spiegato dentro la logica ferrea del potere, dunque la spontaneità si perde nella pratica del “nemico oggettivo”. Con questo presupposto amare non è possibile, condividere nemmeno, perché nello stare insieme c’è qualcosa di pericoloso, insidioso per il regime: l’iniziativa, l’intenzione che si dissolve nella reazione degli altri, l’apertura al possibile insita in ogni azione. Tuttavia programmare l’umanità per dis-umanizzarla è un’operazione che non può essere realizzata, se non parzialmente. Esiste uno zoccolo duro dentro ognuno di noi che ci conduce altrove dai piani del potere assoluto. Georg ama Christa-Maria, ed è legato ai suoi amici, e in amore e amicizia torna l’iniziativa e l’imprevedibilità, l’apertura all’infinitamente possibile. Torna la vita umana. Lo stesso spietato Gerd entrando in contatto con le vite degli altri (quella di Georg e Christa-Maria) si contamina, non può più aderire alla logica del potere assoluto. Si appassiona, perde il controllo e come ne La conversazione da predatore si trasforma in preda. In questo passaggio c’è tutto il fascino di un film forse un po’ troppo perfetto, ma comunque in grado di proporre personaggi mai imprigionati nel loro essere, anzi capaci di variare allo stesso modo della vita, quella nostra e quella degli altri.


CAST & CREDITS

(Das Leben der Anderen) Regia: Florian Henckel von Donnersmarck; soggetto e sceneggiatura: Florian Henckel von Donnersmarck; fotografia: Hagen Bogdanski; montaggio: Patricia Rommel; interpreti: Martina Gedeck (Christa-Maria Sieland), Ulrich Muhe (Gerd Wiesler), Sebastian Koch (Georg Dreyman); scenografia: Silke Buhr; costumi: Gabriele Binder; produzione: WIEDEMANN & BERG FILMPRODUKTION, BAYERISCHER RUNDFUNK (BR), CREADO FILM, ARTE; distribuzione: 01; origine: Germania 2006; durata: 137’


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