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Lion

Pubblicato il 22 dicembre 2016 da Fabiana Sargentini
VOTO:


Lion

Lion è ufficialmente realizzato con tutti i crismi: budget elevato, cast stellare, riprese aeree spettacolari, sceneggiatura basata su una storia vera, atout che garantisce al cento per cento il principio di verosimiglianza e di identificazione dello spettatore. È un film rigoroso, dritto al punto, senza sorprese e senza delusioni, così come lo si aspetta. Ricattatoriamente riesce a attaccare alla poltrona anche i più duri di cuore, soprattutto nella prima parte, in cui il giovane protagonista Saroo (Sunny Pawar) vive a cinque anni, in un’India cruda e indifferente, la più dura esperienza di abbandono e separazione: dal fratello, dalla madre, dalla famiglia di origine, da casa sua.
Nella prima scena - con una inquadratura che scende a toccare terra da un totale di un continente dalla natura preponderante, foreste, deserti, sabbia, rotaie - la macchina da presa scopre un piccoletto in calzoncini corti e maglietta larga per quel corpicino magro, solitario in una valle arenosa, circondato da centinaia di farfalle. Un’epifania meravigliosa che si imprime nella memoria del bambino come simbolo di felicità massima, irraggiungibile, che si ripeterà in flashback alcune volte durante la pellicola. Saroo e Guddu, il fratello maggiore (sempre piccolo, sui nove-dieci anni) conducono, in segreto, una vita da soli a rubacchiare cose da rivendere al mercato con bene di prima necessità, passeggiano lungo i binari della ferrovia, hanno dei riti infantili che ripetono ogni giorno. Dopo aver fieramente riportato alla madre una confezione di latte, che lei divide tra i figli senza toccarne una goccia, i bambini si mettono a dormire mentre la donna va a lavorare (spacca pietre). Il maggiore Guddu, una volta rimasti soli, dice che va a lavorare di notte, anche lui, come la madre. Il piccolo Saroo lo supplica di accompagnarlo. E da qui inizia tutto. In una stazione di Madras buia e vuota, dopo aver racimolato oggetti caduti ai passeggeri nelle vetture vuote, Guddu lascia il fratellino accoccolato su una panchina dicendo di aspettarlo lì. Il piccolo si addormenta e quando si sveglia niente sarà più come prima.
La sua epopea finisce su un treno merci che non si ferma per due giorni e lo conduce a Calcutta, metropoli asfittica, piena di bambini abbandonati a se stessi nella strade, sotto i ponti, organizzati in gruppi di sostegno reciproco contro le retate della polizia. Dopo qualche mese di vita di strada, viene preso e alla domanda da dove provenga, Saroo pronuncia il nome di un paese che non corrisponde a nessun paese di nessuna regione, per quanto distante, dell’India. Viene messo in un istituto. Dove è guerra: tra bambini, con i sorveglianti che li prostituiscono a caso per notti con pedofili, con gli istitutori, con gli assistenti sociali. Fino alla salvezza: una coppia lo adotta in Australia. Volo aereo intercontinentale. Cambio totale di stile di vita. Occidente. Bianchi. Villetta con vista mare. Oggetti. Cibi nuovi. Lusso.
Venticinque anni dopo, dalle acque oceaniche, vediamo riemergere Saroo (interpretato da un bravo Dev Patel, quello di The Millionnaire e di Marigold Hotel), giovane uomo dalla pelle olivastra, i capelli lunghi mossi, lo sguardo fiero, un busto trapezoidale formato da esercizi in palestra. Sembra perfettamente ambientato nella nuova condizione di figlio di una coppia alto-borghese (Nicole Kidman e David Wenham) che, subito dopo di lui, ha accolto un altro bimbo indiano del medesimo istituto ma con problemi mentali. Lasciando la casa familiare, arrivando a confrontarsi con coetanei universitari di varie nazionalità, tra cui alcuni indiani, si ritrova a ripensare al suo passato e, come gli viene suggerito, cominciare a fare delle ricerche tramite Google Earth. Una discesa agli inferi dura e inabitabile, dalle proporzioni spropositate per un Gulliver formato lillipuziano finito nel mondo di Brobdingnan a lottare contro le vespe giganti. Lieto fine con farfalle, lacrime e filmino amatoriale dei veri protagonisti della storia. Perfetta l’uscita natalizia.


CAST & CREDITS

(Lion); Regia: Garth Davis; sceneggiatura: Luke Davies; fotografia: Greig Fraser; montaggio: Alexandre de Franceschi; interpreti: Dev Patel, Rooney Mara, Nicole Kidman, David Wenham, Sunny Pawar; produzione: Bob Weinstein, Harvey Weinstein; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Australia, Gran Bretagna, Usa, 2016; durata: 120’


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