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Lontano dal paradiso

Pubblicato il 20 settembre 2002 da Alessandro Izzi
VOTO:


Lontano dal paradiso

Lontano dal paradiso, l’ultima opera di Todd Haynes, riprende ed aggiorna le tematiche che erano già state proprie del suo maggiore successo: Velvet Goldmine. L’orrore per le convenzioni borghesi, il rifiuto, da parte della societö costituita, di tutto ciò che è diverso e l’ansia da parte delle persone che si ritrovano, per motivi spesso assurdi, escluse dal novero dei normali resta, infatti, il centro di un discorso poetico consapevolmente perseguito e comune ad entrambe le pellicole. La differenza sostanziale risiede nel fatto che mentre Velvet Goldmine, ambientato com’era nel mondo del Glam Rock londinese, faceva propri tutti gli stilemi di quell’immaginario anni ’70 che andava descrivendo, in quest’ultimo film invece il regista riprende, con mimesi straordinaria, i modelli del grande mélo americano degli anni ’50. In entrambi i casi ciò che determina e coordina gli elementi della messa in immagine della storia è una volontà di riprendere e riaggiornare, con tratti di ironia parodistica, materiali di un immaginario che si è ormai definitivamente depositato nella nostra memoria collettiva. Non si tratta, quindi, come verrebbe a tutta prima di pensare, di un semplice adeguarsi, da parte del regista, ad una presunta forma di verità storica, imitando, attraverso la fotografia, l’iconografia dei periodi storici nei quali le varie vicende vengono ambientate, ma di un vero e proprio procedimento poetico di mimesi strutturale dei film del passato. Velvet Goldmine compiva questa sorta di percorso di appropriazione di temi e stili, soprattutto a livello sintattico, con una grammatica molto scoordinata del racconto filmico e attraverso scelte spiazzanti nell’impaginazione della stessa cronologia del racconto che cercava di diventare tutt’uno con i pensieri del giovane protagonista. Lontano dal paradiso compie, invece, un percorso di mimesi, assolutamente diverso eppure tanto simile, con il modello cinematografico da cui trae spunto: il mélo, appunto. In particolare quello furente e passionale di Douglas Sirk, costantemente omaggiato nel corso della pellicola. Il modo in cui il racconto, rifiutando palesemente i tempi e i ritmi del cinema contemporaneo, si modella sullo schema astratto e sempre uguale dei grandi capolavori del passato ha, in effetti, del miracoloso e non può non lasciare senza fiato lo spettatore. I tempi di sviluppo dell’intreccio sono coordinati, quindi, secondo tutti gli archetipi del genere, in un atteggiamento quasi da fotocopia a colori consapevole ed ammiccante che costituisce uno dei pregi maggiori del lavoro ed uno dei motivi del suo fascino simpatico. Nella storia della tipica donna medio-borghese americana che scopre improvvisamente l’omosessualitö del marito e si innamora di un giardiniere di colore, Haynes trova tutti i temi che più si confanno alla sua logica autoriale, ma, soprattutto, trova tutti i motivi di un discorso sul cinema e nel cinema che certo non possono lasciare indifferenti. In effetti tanto il tema dell’omosessualità quanto quello del razzismo non erano assolutamente ignorati dai film degli anni ’50, ma erano per lo più come messi tra parentesi, calati all’interno di un discorso e di una trama rassicurante che ne mitigavano la carica prorompente ed eversiva. Il gioco dell’autore, in questo caso, risiede tutto nel portare a livello palese ciò che nei film del passato era assolutamente e solo sottinteso. Ne viene fuori un film che mostrando ciò che altrove era censurato ingenera una sorta di effetto ironico a posteriori che, spesso, sfocia nella vera e propria risata. Alla lunga il discorso appare quasi raggelato dalla perfezione della messa in scena, ma il meccanismo che soggiace alla messa in immagine di tutta una serie di vecchi stereotipi è di una tale perfezione da lasciare stupefatti.


CAST & CREDITS

(Far from Heaven); Regia e sceneggiatura: Todd Haynes; Fotografia: Ed Lachman; Montaggio: James Lyons; Scenografia: Mark Friedberg; Costumi: Sandy Powell; Interpreti: Julianne Moore, Dennis Quaid, Dennis Haysbert, Viola Denis, Patricia Clarkson; Produzione: Christine Vachon, Jody Patton per Killer Film/Focus Features/TF1; Origine: Usa/Francia 2002, 107’; Distribuzione: Eagle Pictures


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