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Looper

Pubblicato il 31 gennaio 2013 da Nicola Lazzerotti
VOTO:


Looper

A 18 anni di distanza dall’Esercito delle 12 scimmie, Bruce Willis torna a viaggiare nel tempo. Come nel film di Terry Gilliam, Looper – loop, appunto – si sviluppa attorno al concetto di circolarità topico di tanto cinema fantascientifico, in cui l’eroe si trova di fronte al proprio doppio in un rapporto di attrazione-repulsione che percorre l’intera pellicola determinandone il senso ultimo: un meccanismo di azione e reazione che vuole riflettere sulla violenza e le sue dinamiche di sviluppo.

Rian Johnson dà vita a una società distopica in cui i looper sono assassini reclutati per eliminare persone che vengono dal futuro fin quando un giorno il protagonista – uno Joseph Gordon Levitt trasfigurato dal make up per somigliare al suo doppio Willis – si trova di fronte a un se stesso trent’anni più vecchio, senza riuscire a ucciderlo (e a uccidersi). La fuga di Willis dà vita a una caccia all’uomo votata all’esasperazione di situazioni e giocata sulla reversibilità del punto di vista, soprattutto, che non coincide con quello del protagonista ma passa dall’uno all’altro, rivelando scenari etici e morali mai scontati.

Dietro l’apparato narrativo che richiama classici del genere come Terminator di James Cameron e il già citato film di Gilliam, il nesso più interessante tracciato da Johnson è probabilmente con La zona morta, con un debito maggiore verso il romanzo di Stephen King che non verso l’omonimo film di Cronenberg: Johnson ripropone, di fatto, lo stesso quesito morale che animava i personaggi di King, intenti a interrogarsi sulla possibilità di impedire crimini futuri eliminando i colpevoli prima che li perpetrassero – la celebre battuta: Cosa farebbe, se avesse l’opportunità di tornare indietro nel tempo e uccidere Hitler? E la risposta negativa, No educherei il bambino per evitare di farlo diventare il mostro che è stato. Johnson non dà una risposta univoca: i suoi protagonisti mettono in campo entrambe le soluzioni. Da una parte Willis non si fa nessuno scrupolo a eliminare il presente per salvare il futuro; dall’altra Gordon Levitt, non ancora consumato dalla violenza, è ancora capace di vedere e comprendere il presente nelle sue ripercussioni venture.

La raffigurazione della violenza di Johnson, eccessiva e parossistica, ricorda a tratti lo sguardo di Zack Snyder, nella deflagrazione dei corpi e nell’esaltazione estetica della morte, senza il lirismo dell’autore di Watchmen e Sucker Punch. Johnson è invece votato a un più crudo realismo che accentua la dicotomia tra Bene e Male, incarnata a sua volta in quella tra maschile e femminile, in cui la donna, nel suo ruolo di madre e compagna, è la presenza salvifica in grado di accogliere dentro di sé il germe futuro di questo mondo morente.


CAST & CREDITS

(Looper); Regia e sceneggiatura: Rian Johnson; fotografia: Steve Yedlin; montaggio: Bob Ducsay; musica: Nathan Johnson; interpreti: Joseph Gordon-Levitt (Joe), Bruce Willis (Joe del futuro), Emily Blunt (Sara), Paul Dano (Seth), Piper Perabo (Suzie), Jeff Daniels (Abe), Garret Dillahunt (Jesse); produzione: Endgame Entertainment, DMG Entertainment, Ram Bergman Productions; distribuzione: Walt Disney Pictures; origine: Usa 2012; durata: 119’


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