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LOS MUERTOS

Pubblicato il 27 novembre 2004 da Mazzino Montinari


LOS MUERTOS

Poco tempo fa, avevamo dedicato uno speciale nella sezione “Osservatorio italiano” a Vincenzo Marra. Abbiamo ritrovato lo stesso interesse per il reale unito alla volontà di raccontare quelle “piccole storie”, che solo apparentemente non sembrano muovere il mondo, in un regista argentino e nel suo ultimo film. Si tratta di Lisandro Alonso e del suo Los Muertos, vincitore del concorso internazionale lungometraggi nella ventiduesima edizione del Torino Film Festival.
Alonso, come Marra, è implacabile nel seguire un personaggio e la sua vicenda. Non concede molto allo spettatore, se non la visione di un contesto per molti versi estraniante, e un sonoro che si sostituisce a ogni forma di dialogo.
Iniziamo dal contesto, ossia dai luoghi nei quali Vargas, il protagonista di Los Muertos, si aggira come un fantasma. Leggendo i giornali e guardando gli ultimi documentari e reportage televisivi, l’Argentina che abbiamo in mente è quella metropolitana colpita dalla bancarotta dello Stato. Per parte sua, Alonso colloca Vargas in un’altra Argentina, dove a farla da padrona è una natura che avvolge e che isola l’umano. In quelle foreste e fiumi, l’uomo è da solo con il suo dissesto interiore e morale. Questa scelta non esclude una possibile allusione al tracollo economico e politico argentino, di tutto si può fare una metafora. E’ indubbio, comunque, che con Los Muertos abbiamo certamente a che fare con quell’umanità lontana dalle piazze, che sfugge a qualsiasi valutazione statistica.
Vargas è un ex detenuto appena scarcerato che inizia un lungo viaggio per raggiungere sua figlia. Il percorso è impervio. Deve camminare lungo una foresta e attraversare un fiume con una barchetta. Alle spalle c’è un passato che la memoria vorrebbe cancellare: l’omicidio dei fratelli e la lunga detenzione. In questo percorso non accadono eventi straordinari. Si taglia i capelli, mangia, va con una prostituta, chiede informazioni circa la strada da percorrere. Infine arriva a destinazione. E proprio a questo punto finisce il film, senza che allo spettatore sia stata data alcuna risposta. Ma in realtà, quali domande erano state poste? Nessuna di preciso, perché la macchina da presa segue un uomo i cui tormenti restano oscuri.
Vargas fa parte di un’umanità lontana, anzi allontanata. E’ uno dei tanti uomini che “non ci sono”. Come potremmo venire a conoscenza dei pensieri di un individuo che quotidianamente respingiamo? Sarebbe stato inverosimile dare a Vargas la parola. E infatti Lisandro sceglie di impoverire i pochi dialoghi del film, accentuando la distanza tra noi e Vargas. Se vogliamo conoscerlo dobbiamo operare uno sforzo di riflessione.
Los Muertos non è perciò un film su un uomo che esce di galera, ma su un uomo che è uscito dal nostro orizzonte. Anche quando lo vediamo inquadrato dalla macchina da presa, continua a restare invisibile in mezzo a una natura che avvolge e che isola.

[novembre 2004]

Cast & Credits:

regia, sceneggiatura, montaggio: Lisandro Alonso; fotografia: Cobi Migliora; musica: Flor Maleva; suono: Catrel Vildolsola; interpreti: Argentino Vargas; produttore: Micaela Buye, Ilse Hughan, Marianne Slot; produzione: 4 L; co-produzione: Fortuna Films, Slot Machine, Arte France Cinéma, Ventura Film; distribuzione: ID Distribution; formato: 35mm, colore; durata: 78’; origine: Argentina 2004.

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