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MA CHE COLPA ABBIAMO NOI

Pubblicato il 13 gennaio 2003 da Giovanni Spagnoletti


MA CHE COLPA ABBIAMO NOI

Dopo Woody Allen che ne ha fatto l’imprinting del suo cinema, è oggi abbastanza difficile costruire un film sul tema della psicanalisi e soprattutto far ridere sull’ argomento - non basta possedere (o esibire) fobie, nevrosi e depressioni a tutta gallara. Ci ha provato, dopo tre lunghi anni di riflessione e di assenza dagli schermi (C’era un cinese in coma si perde ormai nelle tradizionali nebbie della memoria), Carlo Verdone che da tempo si sentiva prigioniero di quegli schemi a cui da sempre aveva affidato il suo successo. E, a prescindere, un primo punto a suo favore, forse non tanto dettato dalle contingenze degli avvenimenti, comunque lo ha segnato: tanto per cominciare si è passati da Cecchi Gori alla Warner, il che non è poco. Tuttavia non è la prima volta e non sarà probabilmente l’ultima che il bravo attore-regista romano annunzia una svolta decisiva ed importante nella sua carriera in consonanza poi con l’evoluzione (o involuzione?) della comicità italiana. Pur con la massima simpatia che proviamo per il Nostro, non riusciamo a credere ai suoi annunzi amletici probabilmente sinceri ma troppo reiterati e ci accontentiamo, invece, di gradire i risultati (anche importanti) che ci ha consegnato nel presente e nel passato. Infatti Ma che colpa abbiamo noi, emblematico titolo-omaggio, lo ricordiamo alle leve più giovani, da una celebre hit, anni Sessanta, dei Rockers - Ma che colpa abbiamo noi, dicevano, appartiene al novero delle opere riuscite di Verdone, pur con i tanti difetti che gli si possono trovare. Ma il film c’è e a volte si ride di cuore. Evidentemente la dimensione corale alla Compagni di scuola, tanto per intenderci, gioca a favore mentre la bravura dell’ensamble degli interpreti supplisce alla magagne della sceneggiatura e alla fragilità della messa in scena (ma per esempio la fotografia di Danilo Desideri è molto curata ed attenta alle minime sfumature di luce). Su uno spunto quasi anacronistico e sessantottesco - il grottesco tentativo di un gruppo di pazienti, morta d’improvviso la loro strizzacervelli, di dare vita ad un’inedita forma di autogestione psicoanalitica collettiva, con tutte le comiche conseguenze del caso - Verdone vorrebbe fotografare, tra le righe, l’Italia di oggi nei suoi mutamenti strutturali e vizi nazionali, com’è dovere morale di ogni grande comico che si rispetti. Chissà se questo intento “alto” è pienamente riuscito, probabilmente no, gli impacci e le contraddizioni nel film sono molte e non riusciamo, come ci piacerebbe, abbandonarci pienamente a Ma che colpa abbiamo noi, come ci capitava al tempo della hit dei Rockers. Ma si tratta in ogni caso - e questo depone indubbiamente a suo favore - del classico film che va rivisto e magari riscoperto dopo del tempo. Nel frattempo i fan del “dir-actor” romano comunque si sentiranno soddisfatti del risultato e del come-back del loro beniamino che si è ritagliato una figura leader che funziona a pennello su Verdone: quello di un cinquantenne industriale soprusato da un padre-tiranno che lo tratta come un ragazzino umiliandolo in tutti i modi possibili. Ma Carlo alla fine riuscirà a fare la sua (piccola?) rivoluzione. W la rivolta dei nerds.

[Gennaio 2003]

Regia: Carlo Verdone; sceneggiatura: Piero De Bernardi, Pasquale Plastino, Fiamma Satta, C.V.; fotografia: Danilo Desideri; montaggio: Claudio Di Mauro; musica: Lele Marchitelli; scenografia: Maurizio Marchitelli; interpreti: C.V., Margherita Buy, Anita Caprioli, Antonio Catania, Lucia Sardo, Stefano Pesce, Max Amato, Raquel Sueiro, Sergio Graziani, Luciano Gubinelli; produzione: Virginia Srl; distribuzione: Warner Bros Italia; origine: Italia 2002; durata: 115’

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