Med Film Festival - Vivere il presente guardando al futuro

Vivere il presente, guardando al futuro. Sembra esser questo il motto di chiusura della quindicesima edizione del Med Film Festival. Le realtà portate davanti allo schermo nella ormai classica manifestazione romana hanno infatti mostrato, semmai ce ne fosse ancora bisogno, quanto siano ruvidi i contrasti fra passato e presente, tradizione e modernità in molte delle terre che si affacciano sul Mediterraneo. Non è dunque un caso se le motivazioni che hanno spinto la giuria ad assegnare i premi siano, in larga parte, riconducibili alla capacità di alcuni cineasti di raccontare questa complessità, questi conflitti. Religione, ideologia, dogmatismi da un lato e progresso, modernità, libertà dall’altro sono elementi fondanti di molte delle pellicole passate nelle sale del Med Film Festival. Come nel caso di Eynaim Pkohot (Eyes Wide Open) di Haim Tabakman, premiato per “la grande qualità formale del film che affronta un’imprevedibile promiscuità tra religione e sesso”. L’ imprevedibile promiscuità di due uomini religiosi costretti a confrontarsi con la loro omosessualità (e a confrontare i loro dogmi con le proprie passioni). L’imprevedibile promiscuità di una tradizione che si scontra con una modernità (di costumi, di libertà) tutta nuova e da cui scaturiscono laceranti conflitti interiori e sociali. Gli stessi che muovono i timori, ma anche le azioni, di Hijab el Hob (Veiled Love) di Aziz Salmy, premiato per “per il coraggio del regista nell’affrontare un tema particolarmente audace nella società marocchina di oggi”. Il tema in questione è quello delle ragazze madri, costrette a confrontarsi, oltre che con la difficile scelta personale, con una società che, ipocritamente, le condanna. Anche e soprattutto a questo servono manifestazioni come il Med Film Festival a raccontare, a documentare, a mostrare piccoli pezzi di mondi, assai poco distanti da casa, ma ai più del tutto sconosciuti. Chi di noi avrebbe mai pensato ad una realtà come quella delle ragazze madri in Marocco? Chi avrebbe mai pensato che fosse, come ha spiegato lo stesso regista, così diffusa? Non esistono civiltà superiori, non esistono popoli che abbiano il diritto di imporre la loro cultura sugli altri. Il privilegio della nostra libertà è però qualcosa di prezioso la cui importanza appare lampante davanti ai racconti di chi, questa libertà, non ce l’ha. Per questo informarsi, per questo cercare di capire, avvicinarsi alle altre culture, senza paure ma con sana curiosità, è, e deve esser, un nostro imperativo morale.
Non solo medio oriente comunque nel vasto panorama del Mediterraneo e dunque del Med Film Festival. La menzione speciale della giuria allo spagnolo Ander di Roberto Castón evidenzia infatti un’altra caratteristica del festival, riconducibile sempre però a quello sguardo al futuro che dovrebbe caratterizzare ogni festival moderno. Il film di Castón, così come altre cinque pellicole premiate, è infatti un’opera prima. Dar spazio alle nuove idea, ai nuovi linguaggi, ai nuovi sguardi è forse il miglior modo che una manifestazione possiede di dimostrarsi, davvero, aperta al futuro. Non son infatti gli slogan, i manifesti, le tag-line a fare la differenza, ma i fatti. Per uscire dai soliti canali, dagli schemi vecchi e triti, da un modo di far (e far parte) del cinema che fa sembrar dei giovincelli quelli che la nuovelle vauge chiamava papa.

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