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Miss Marx

Pubblicato il 17 settembre 2020 da Francesca Pistocchi

VOTO:

Miss Marx

Dal 17 settembre anche nelle sale italiane, in Concorso Venezia 77

Girare un film sulla figlia di Marx è in tutti i sensi una sfida coraggiosa: Eleanor, graziosamente soprannominata “Tussy” (Romola Garai), non si lascia afferrare così facilmente, e il suo percorso di vita lo dimostra a pieno. Figlia minore di un padre per molti versi ingombrante (come sempre capita in questi casi), la giovane doveva essere una donna appassionata e inafferrabile. Nata nell’epoca maschile per antonomasia, Tussy si batte per gli ideali paterni e per i diritti del suo sesso. Per quanto emancipata, sensibile, pungente, Eleanor rimane tuttavia un’erede del proprio tempo: il desiderio di fuga, l’empatia verso il prossimo, l’intima ribellione non la salveranno da un destino prescrittole fin dalle prime inquadrature.

Questo il ritratto tracciato dalla mano un po’ leziosa di Susanna Nicchiarelli. Se, una volta usciti dalla sala, ci si va a informare sulla vera esistenza della nostra eroina, si scoprono sfaccettature inedite che nella pellicola non possono essere menzionate – evidentemente per ragioni estetiche.
L’impegno sociale, l’amore per il teatro (forse la più politica fra tutte le arti), l’attività di traduttrice letteraria, i contrasti familiari, l’impossibilità di sciogliere i vincoli che l’allacciano alle figure maschili della sua vita sono tratti somatici abbastanza importanti nell’animo di una persona. Eppure, la regista pare più interessata a trasformare la piccola Tussy in una specie di fata turchina decisamente poco credibile e decisamente al di fuori della realtà. Romola Garai non fa altro che sbattere le palpebre e spalancare gli occhioni per sottolineare quanto questa Emily Dickinson della Comune sia una creatura eterea, inquieta, fragile e forte allo stesso tempo. Insomma, è come se la Marie Antoinette di Sofia Coppola avesse letto Il Capitale e ne fosse rimasta ingenuamente affascinata: i gesti aristocratici e la voce perennemente commossa con cui la Garai parla ai sindacati “cercando di dare una mano” (!) sono già di per sé irritanti, meglio poi sorvolare sulla versione punk-rock dell’Internazionale che accompagna una carrellata di foto raffiguranti la working class vittoriana.
Ci si chiede se non sia ironico, o se l’intenzione della Nicchiarelli non fosse quella di creare una dimensione estraniante e ipermoderna, cercando di avvicinare gli eventi narrati alla nostra contemporaneità. Ma per umanizzare un simile personaggio storico e rendere presente un’era così travagliata come quella della Rivoluzione Industriale non bastano una colonna sonora accattivante, qualche pamphlet ridotto ad aforisma e un bel volto ispirato. Piacerebbe anche sapere cosa passasse nella mente degli autori mentre scrivevano la scena in cui Eleanor Marx, dopo aver tirato qualche boccata d’oppio, s’abbandona ad una danza sfrenata e puerile – quasi si trattasse di filmare un’adolescente nella sua cameretta. Nemmeno alternare la lotta di classe al feuilleton amoroso fra Tussy e il compagno Edward Aveling (qui un apatico Patrick Kennedy) si rivela una buona idea: la cinepresa cambia prospettiva in maniera vertiginosa, non si può passare dalle fabbriche alle sale da tè londinesi nel giro di pochi secondi!

Eppure, al di là dell’immaginario patinato che purtroppo permea l’intero film, emergono alcuni piccoli cammei grazie ai quali la protagonista tutto sommato si salva: l’incapacità di rinunciare davvero alle relazioni pericolose della sua vita, la sottomissione nei confronti di un uomo sfuggente, il conflitto interiore fra teoria e pratica, il rapporto ambivalente col padre riassunto nella sua personalissima versione di Casa di bambola.
Impersonando Tussy che impersona Nora, la Garai parla per una volta in modo sincero e viscerale, avvicinandosi alla profonda introversione di cui forse la vera Eleanor si serviva per comunicare. Ed è, almeno nell’opera della Nicchiarelli, proprio questa sostanziale mancanza di un’intesa concreta – col padre, con gli amici del padre, con l’amante-marito – a stabilire il suo destino. In tal senso, il personaggio creato dalla regista impietosisce e spaventa proprio come la Madame Bovary di Flaubert – guarda caso, l’unico romanzo che la giovane Miss Marx traduce nel suo idioma natale.


CAST & CREDITS

(Miss Marx); Regia: Susanna Nicchiarelli; sceneggiatura: Susanna Nicchiarelli; fotografia: Crystel Fournier; montaggio: Stefano Cravero; interpreti: Romola Garai (Eleanor “Tussy” Marx), Patrick Kennedy (Edward Aveling), John Gordon Sinclair (Friedrich Engels), Felicity Montagu (Helene Demuth), Karina Fernandez (Olive Schreiner), Oliver Chris (Freddy), Philip Gröning (Karl Marx); produzione: Vivo film (Marta Donzelli, Gregorio Paonessa), Rai Cinema, Tarantula (Joseph Rouschop, Valérie Bournonville), VOO Be tv; origine: Italia, Belgio 2019; durata: 108’


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