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NE’ TERRA NE’CIELO

Pubblicato il 18 aprile 2005 da Edoardo Zaccagnini


NE' TERRA NE'CIELO

Cosa fareste se il giorno del vostro licenziamento scopriste che la bella mogliettina vi tradisce con l’amico migliore? Potreste starvene al sole tutto il lunedì, a metabolizzare la frustrazione di una disoccupazione virale e maligna. Finchè l’ultimo barlume di inizio settimana,con una pacca sulla spalla, vi annuncia, defilandosi,l’umidità del tradimento e della solitudine. Umano e sociale: miscela devastante.Cercasi terra di Nessuno per leccarsi le ferite,fuggire,al limite uccidersi.Perché dal mondo è un conto, da chi ti vuole bene è un altro! La ciminiera della fabbrica che ti ha gettato come un kleenex è una geniale mezza intuizione che scomoda il Bùnuel di Simon nel deserto(è Il regista stesso a ricordarlo), ed è il ponte tra terra e cielo, o meglio:né cielo né terra. Salirci sopra è la via della reintegrazione. Questi sono i primi ingannevoli venti minuti di film. Una storia a sfondo sociale che ricorda assai La bella vita di Paolo Virzì. La periferia toscana,la fabbrica,le stesse delusioni.Poi si sterza coraggiosamente e si punta il dito, anzi le dita contro i non valori e le istituzioni di una società che precipita. Da lassù il protagonista(che non a caso si chiama Simone) fotografa in più scatti le gabbie aperte di un mondo che ha visto fuggire la verità di ogni cosa. Sono aperti i lucchetti della religione e della politica, della famiglia e della scuola, dello stato e degli ideali. Da lassù Simone osserva quanto di realisticamente surreale accade e recupera la sua dignità di uomo fallito. Da quel purgatorio si sbraccia rassegnato, ma non lo possono sentire, come nel finale de La dolce vita Marcello non riesce a comprendere le parole della ragazza che gli parla. Implacabile,attirata dall’odore delle carcasse arriva la tv. E vien da chiedersi se sia proprio il vuoto di ogni contenitore a dare un senso smisurato al valore del denaro. Perché Giuseppe Ferlito da lassù disegna un mondo dove i buoni non son meglio dei cattivi. L’arrivo dei no-global, ad esempio, non è poi molto diverso da quello della iena catodica. Simone è strumento per chiunque. Per la chiesa e per la classe operaia. Per chi non crede in nulla e per chi si atteggia a credere. Semplicemente perché sostituisce l’appiglio. Il vero dolore di Simone sono invece gli affetti. La sua più grande sconfitta è quella familiare. Si sfiora il qualunquismo,forse,con tanti sapori diversi nella stessa pentola, tanti odori e un po’ di fumo, ma si assiste volentieri al tentativo originale, persino coraggioso e soprattutto a bassissimo costo, di un altro autore italiano. L’elenco si allunga.

Aprile 2003 regia: Giuseppe Ferlito, sceneggiatura: Giuseppe Ferlito, montaggio:Immagina Cinema Firenzeinterpreti: Davide Gemmani,Antonella D’Arcangelo,Fabio Fulco,Carlo Monni,Carlo Morandi, produzione: Deborah Gherardi, origine:Italia 2003, distribuzione:Lantia, durata:100’

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