Nessuna verità
Alla corte di Hollywood, il britannico Ridley Scott continua a non disdegnare ritmi di produzione spielberghiani e sforna questo Bodies of lies, recuperando un Russel Crowe ancora più in sovrappeso di quanto già non lo fosse in American gangster e scoprendo un Leonardo Di Caprio sempre più votato a ruoli da americano cosciente.
I nostri nuovi duellanti si muovono nel losco mondo della Cia. Obiettivo? Manco a dirlo, sconfiggere il terrorismo. L’inviato in Medio Oriente è il giovane idealista Di Caprio, che presta il proprio algido corpo alle stigmati di una guerra senza trincee, dall’altra parte del telefono e del mondo, il suo superiore Crowe - invece notevolmente appesantito da una vita in ufficio- gli detta leggi, gli passa e prende informazioni allo scopo di portare a termine l’operazione. Il rapporto tra i due si rivela da subito conflittuale, ma scopriremo presto, guarda un po’, che sono in realtà le due facce di una stessa medaglia. Di Caprio professa lealtà e verità, ma sarà il primo a perpetrare bugie a chi invece gli aveva dato fiducia (il bravo Mark Strong, capo dei servizi segreti giordani), architettando la messa in scena di un’ altra organizzazione terroristica per portare allo scoperto il vero capo terroristico al quale la CIA dà la caccia.
Chi sono i buoni e chi i cattivi se anche tra quelli che dovrebbero preservare il Bene si nascondono personaggi dalla doppia faccia che, in virtù dei propri giochetti (di potere), mettono in pericolo le vite degli altri? Con Bodies of Lies (titolo decisamente più suggestivo di quello affibbiatogli dalla distribuzione italiana) non solo aggiungiamo un ulteriore tassello all’oramai sterminato mosaico dell’immaginario (mainstream) americano sopra la guerra post 11 settembre, ma pure torniamo a gongolarci nelle pieghe dei rovesciamenti di ruolo, delle messe in scena legalizzate, delle fittizie o reali condotte morali di polizia e forze dell’ordine che non smettono di stimolare la penna degli sceneggiatori made in Usa, come per esempio il Joe Carnahan di Pride and Glory ancora nelle sale e il William Monahan di Nessuna Verità appunto, già premio Oscar per The Departed, di cui Bodies of lies ripete, infatti, certe soluzioni narrative.
Il tempo della guerra non arresta quello della vita quotidiana, ma vi scorre accanto parallelamente. Così il supercapo Crowe per nulla idealista e amabilmente sarcastico, pianifica operazioni della Cia mentre accompagna il figlioletto a fare pipì e, nel bel mezzo di una delicata missione, Di Caprio discute al telefono del proprio divorzio. Sembrerebbe quasi un gioco se non fosse che poi si rischia seriamente di lasciarci la pelle e ci si ritrova con schegge di ossa altrui conficcate in un braccio, fatte divenire reliquia attraverso il gesto arcaico di conservarle in una scatoletta. E da macchinatore e stratega si diventa improvvisamente vittima sacrificale numero uno.
Non solo è una guerra senza trincea, ma è una guerra di/tra individui, fatta non di fronti contrapposti tra loro e distinguibili dal colore di un’ uniforme come in una partita di calcio. Non ci sono squadre, ma passaggi continui di giocatori da una parte all’altra del campo, resi tutti più vulnerabili.
La buona sceneggiatura di Mohanan si muove in questa direzione e il film comincia a funzionare meglio nella seconda parte quando, finiti i giri a vuoto (intorno al mondo) iniziali, Di Caprio diventa anch’egli astuto e bugiardo macchinatore. Poi, per dimostrare quanto questa guerra la si combatta da individui, il film srotola un innamoramento del nostro eroe per un’infermiera iraniana mai sfiorata. A pranzo con la sorella di lei, coi bambini che preferirebbero mangiare hamburger, due battute bastano perché il punto di vista americano e quello iracheno si trovino d’ accordo su quanto sarebbe bello se questa guerra/situazione finisse. Già, perché il film, pur contrapponendo felicemente i nostri due diversissimi protagonisti (Crowe in particolare raggiunge picchi di ironia irresistibile), finisce - in stile (ridley) scottiano - per tagliare il grosso con l’accetta e per mettere in bocca a questi personaggi battute imbarazzanti di un semplicismo da spot di propaganda (politica). E la differenza fra il Di Caprio delle conferenze stampe e il suo personaggio nel film si assottiglia drammaticamente (o ironicamente?).
La regia invisibile del nostro Ridley, che era tornato in parte a convincerci con American gangster, diventa specchio dell’assenza preoccupante di una coscienza autoriale e sorge il dubbio che il fratello Tony, che questo film non può non riconoscere un po’ come padre adottivo (se non altro per la scelta del genere spionistico e per una multimedialità sfacciata fatta di (mega)schermi dejà-vu) avrebbe impresso - seppur orgogliosamente concitata - una marca (se non altro stilistica) a questo film.
(Bodies of lies); Regia: Ridley Scott; sceneggiatura: Nome; fotografia: Alexander Witt; montaggio: Pietro Scalia; musica: Marc Streitenfeld; interpreti: Leonardo Di Caprio (Roger Ferris), Russell Crowe (Ed Hoffman), Carice van Houten (Gretchen Ferris), Mark Strong (Hani), Michael Gaston (Holiday), Vince Colosimo (Skip), Oscar Isaac (Bassam), Golshifteh Farahani (Aisha); produzione: RIDLEY SCOTT E DONALD DE LINE PER SCOTT FREE ; distribuzione: WARNER BROS. PICTURES ITALIA; origine: Usa, 2008; durata: 128’