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Noi

Pubblicato il 12 aprile 2019 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Noi

"Siamo americani!"
Red

Hidden States of America

Giù nella tana del coniglio e poi all’inferno.
Quando la piccola Adelaide (Madison Curry), durante una serata al luna park allestito sulla spiaggia di Santa Cruz, si allontana dai genitori, attratta dall’oscuro antro di una spettrale casa degli specchi, si imbatte in una bambina identica a lei. Con un primo piano che raggela il sangue, Jordan Peele mostra il terrore sul volto della piccola e la narrazione deflagra. Dal 1986 al 2016: Adelaide è diventata adulta (e ora la impersona Lupita Nyong’o, autrice di una performance sontuosa, con eccelse derive slapstick) che, assieme all’allegra famigliola, torna a Santa Cruz per una vacanza fuori porta; pian piano, nella sua mente iniziano a riaffiorare gocce nere di ricordi e, dopo una tesa uscita sulla stessa spiaggia sulla quale si svolse il macabro antefatto, quella stessa sera la famiglia viene braccata in casa propria da quattro individui in tutto e per tutto identici a loro. Si tratta di doppelgänger, intenzionati a riscuotere una lenta e atroce vendetta…

Il ritorno sul grande schermo di Jordan Peele, dopo il pluriacclamato Scappa – Get out (2017) è un pugno nello stomaco e, come tutti i colpi bassi che mozzano il fiato, lasciano il tempo di riflettere e trarre le dovute considerazioni su aspetti della nostra vita magari dati un po’ troppo per scontato.

Il peso politico delle opere di Peele – ormai da considerarsi autore anche dopo due soli lungometraggi – è talmente pressante e autoritario da cementificare nel genere horror – sfruttato in entrambi i casi – una sostanziosa traccia analitica della società polimorfa e ambigua in cui viviamo oggi. Abbandonando – anche se non interamente – il sottotesto razziale proposto in Scappa – Get Out, Peele si concentra sull’evoluzione percettiva della popolazione americana, non intesa come semplice agglomerato demografico, ma come una personalità dalle tante sfaccettature, capace di oscurare con la sua stessa ombra la facciata brillante di società progressista. Quell’”Us” utilizzato nella versione originale del film, deve essere letto come un acronimo di “United States”: perché la nuova opera di Peele è un manifesto violento alla disillusione di un popolo che si crede grande, troppo grande per mettere in mostra, ammettere e rivelare le storture del proprio imperante cinismo sociale; per questo motivo, il regista costruisce Noi attorno alla famigerata manifestazione statunitense Hand across America, tanto eclatante, quanto fragile e isolata nella sua riproducibilità.

Noi, invece, non è fragile affatto: Pelle dimostra di avere una padronanza del mezzo cinematografico difficilmente riscontrabile per un artista al secondo film – e Scappa – Get out non è certo da meno; tuttavia, in Noi la macchina da presa ricerca con costanza i personaggi, legandosi a loro in un viaggio nel cuore dell’abisso, grazie a un uso ben strutturato e penetrante della profondità di campo, alternando movimenti lenti a stacchi repentini perfetti per far si che la tensione non perda mordente in tutti i 116 minuti di durata.

Noi è un film sottile e spigoloso, ironico e iconico, eretto su una sceneggiatura sì corposa, ma talmente brillante, da porre in secondo piano le tematiche pressoché abusate del cinema di genere: i già citati doppelgänger sono cliché presi in prestito dalla fantascienza, ma non importa, perché l’originalità del nuovo progetto del cineasta statunitense prende corpo grazie a “invenzioni visive” conturbanti e incastonate alla perfezione nel tessuto narrativo. Dai conigli bianchi – copie simboliche del disfacimento del candore e del benessere di quella fetta di americani che ce l’hanno in qualche modo fatta -, alla brutalità fisica e acustica propria dei doppelgänger, fino alla creazione di un mondo sotterraneo e volutamente nascosto di cavie da laboratorio e reietti: e proprio quei reietti siamo noi, ci dice Peele, destinati e costretti a fare i conti con noi stessi, con il nostro finto perbenismo e la facilità con cui volgiamo lo sguardo altrove, soffermandoci troppo superficialmente sui valori che andrebbero, altresì, difesi e sui quali costruire una società finalmente funzionale e funzionante. Senza paura che quella stessa bramosia, quello stesso furore vendicativo che coviamo per i nostri simili, che pur consideriamo diversi, ci si ritorca contro, smascherando la nostra vera e iprocrita natura.


CAST & CREDITS

(Us); Regia: Jordan Peele; sceneggiatura: Jordan Peele; fotografia: Mike Gioulakis; montaggio: Nicholas Monsour; musica: Michael Abels; interpreti: Lupita Nyong’o, Winston Duke, Elisabeth Moss, Tim Heidecker, Yahya Abdul-Mateen II, Anna Diop, Evan Alex, Shahadi Wright Joseph, Madison Curry, Cali Sheldon, Noelle Sheldon; produzione: Monkeypaw Productions, QC Entertainment, Universal Pictures; distribuzione: Universal Pictures; origine: U.S.A., 2019; durata: 116’


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