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Tomb Raider

Pubblicato il 15 marzo 2018 da Veronica Flora
VOTO:


Tomb Raider

Lara tira i pugni, corre. Lara salta, va in bicicletta, tira con l’arco. È un corpo tonico e elastico che fa corrispondere reazione a azione, come una brava scimmietta. E scimmietta è infatti il fastidioso nomignolo che le ha affibbiato il papà sin da piccola, abituandola a scampoli d’affetto e lunghe separazioni. Il padre ha faccia da schiaffi e lombrosiano scarso nerbo di Dominic West, interprete della serie The affair. Infatti, codesto tristanzuolo - con appresso tutto il suo inutile "lord" - Richard Croft potrebbe essere benissimo un’evoluzione di quel personaggio, per la smidollatezza che si nasconde dietro l’apparente audacia.
E non si capisce affatto se la cosa sia voluta, quale segno dell’immiserimento dei tempi, del norvegese Roar Uthaug. Sì, è vero: è lui a dire alla figlia “tu sei mille volte meglio di me” ma nemmeno questa consapevolezza della propria mediocrità, annacquata oltretutto nell’inaspettato (!?), lacrimevole epilogo, servirà molto a riscattarne la trista imago, se non agli occhi della obnubilata figlia innamorata.
Perché un padre ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene (e nemmeno quello! la poverina se lo va pure a ricercare!). Così, anche nella ricostruzione dei traumi del passato del personaggio femminile più famoso dell’universo dei video giochi degli anni ’90, una figura maschile di riferimento bisognava metterla in campo, con tutte le sue imperfezioni (a favore di colpo di scena). Che siano però almeno imperfezioni vagamente umane, blandamente verosimili, appena appena condivisibili dal pubblico pagante, non false isterie da milionario esotista con il pallino delle tombe. Dominic West, con qualche chilo di meno, potrebbe al massimo essere un credibile reduce dell’Isola dei famosi.
Sarebbe bastato uno straccio di padre qualsiasi, con un millesimo del carisma di Sean Connery in Indiana Jones. Burbero e antiquato, colto e fascinoso, sonnacchioso eppure vigoroso, così persistente nell’immaginario psicoanalitico del protagonista per eccellenza delle saghe d’avventura per grande schermo, da divenirne una componente narrativa imprescindibile, come il cappello o la frusta. E persino Campbell Scott, in quell’improbabile dipartita che apre The Amazing Spider-Man 2, riesce a essere un padre credibile, per almeno cinque minuti.
Povera Lara! Così, c’è ben poco da andare a cercare. E il film diventa tutto un affannato e improbabile inseguimento di stereotipi del tempo presente, passato, o provenienti da dimensioni parallele, come le favole. Un noioso scopiazzamento, qua e là, da james bond a biancaneve, da robin hood a batman, dal già citato indiana jones ai pirati dei caraibi. Sceneggiatura, ça va sans dire, inesistente con dialoghi dalle venature ironiche ai minimi storici (a proposito del morbido sarcasmo della serie di Lucas). Le scene più gradevoli sono quelle ginniche d’azione: la nave nella tempesta, l’aereo sulla cascata, il precipitare nella giungla; che però si perdono in immaginari fotografici patinati un po’ troppo national geographic.
Di cattivissimo gusto appare infine l’impiego improvvisamente giocoso delle armi che - nonostante la tentata sostituzione dei bazooka prêt-à-porter della Jolie con l’arco e le frecce - incasina di nuovo tutto, con una leggerezza su cui oggi no, non si può più sorvolare.
Alicia è fresca, bellina, s’impegna. Ma Lara corre, senza sapere proprio dove andare.


CAST & CREDITS

(Tomb Raider); Regia: Roar Uthaug; sceneggiatura: Geneva Robertson-Dworet; fotografia: George Richmond; montaggio: Stuart Baird; musica: nome del o dei compositori delle musiche (separati da virgola); interpreti: Alicia Vikander, Dominic West, Walton Goggins, Daniel Wu, Kristin Scott Thomas; produzione: Gary Barber, Graham King; distribuzione: nome del distributore italiano; origine: Roar Uthaug, 2018; durata: (esempio) 118’; webinfo


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