Il film parte dalla Grande Storia e si incammina lungo i sentieri impervi e più oscuri delle relazioni umane, sul rapporto coatto e perverso tra vittima e carneifice. La vicenda di un ufficiale nazista che occupa la casa di una famiglia ateniese durante la seconda guerra mondiale, diventa un’analisi della complessità che regola certi estremi dei rapporti tra individui. Pur presentandosi con un documento (valido) di film storico, Appartamento ad Atene assume il carattere di opera astratta sulla violenza del potere. Attorno a questo si appendono concetti pesantissimi come quelli di libertà e felicità, e allora si può arrivare a servire la sopraffazione, si può abbracciare la sottomissione. Nella disperata ricerca di una via d’uscita, si può finire per accarezzare il male e sorridergli e coccolarlo. Nel desiderio di tenere a vista la libertà e la felicità, si può arrivare a vederle sempre più lontane, senza aver gridato mai nemmeno la propria sofferenza. Appartamento ad Atene è un film di interni che riesce ad essere tutto sommato all’altezza dei difficili temi toccati. Tratto dal romanzo di Glenway Wescott, ed intepretato con buona intensità dal suo gruppo di attori (nel cast c’è anche Laura Morante) il film, opera prima di Ruggero Di Paola, già premiato in giro per il mondo, si snoda con una certa asciuttezza e solidità, è in generale pellicola interessante, che nella sua ragionata freddezza e geometria, sa essere a tratti persino coinvolgente.