O’ Jerusalem
L’amicizia tra Bobby, giovane ebreo americano di belle speranze, e Saïd, coetaneo palestinese di Gerusalemme, dovrebbe fungere – almeno sembrerebbero similmente indirizzate le intenzioni del poco ispirato regista ebreo-francese Elie Chouraqui – da motivo conduttore per l’ennesimo tentativo di raccontare al cinema l’origine della guerra in Terra Santa, all’indomani della nascita dello Stato d’Israele. Quello del legame fraterno tra i due ragazzi è, del resto, il collante del romanzo Gerusalemme! Gerusalemme! di Dominique Lapierre e Larry Collins, alla base dell’operazione in questione.
Che ne è di un’umanità che nega finanche la possibilità dell’amicizia? Che priva l’uomo del suo naturale anelito agli impulsi più gioiosi e lo costringe, viceversa, in logiche di morte e prevaricazione che, pure, gli sono evidentemente proprie? Tali sono gli interrogativi di libro e rispettiva trasposizione cinematografica. Perfino le forme più blande di divertimento sembrano censurate dalle rispettive confessioni religiose e dalla gravità – nell’accezione più ampia del termine – del brutale contesto esperienzale dei due ragazzi.
Ogni tentativo di intavolare una trattativa, all’interno di quest’orizzonte d’oppressione, si arena irrimediabilmente nel terreno impantanato delle rispettive, irrinunciabili posizioni. E il fango doveva sentirselo sotto i piedi, Chouraqui: come un equilibrista attento a non scontentare nessuno, nella sua missione civilizzatrice e documentaria, il regista si direbbe tutto compreso nelle sue delicate manovre per planare a pelo basso, sorvolando accuratamente il suolo minato. Tra un colpo al cerchio e l’altro alla botte, però, Elia non riesce praticamente mai a dire una parola nuova rispetto al già detto e risaputo. La sua ricostruzione storica è del tutto priva di estro, di coraggio, di passione: in una parola, sterile.
Il continuo rimando nella fotografia dal bianco e nero al colore amalgama passato e presente in un unico infinito presente d’incubo. Se l’ovvietà di tale scelta risulta irritante, lo stesso dicasi per quelle operate in tema di musiche, montaggio o casting. Lo stile può dirsi al massimo da buona fiction, ma non molto di più. Naturalmente, poi, il doppiaggio italiano concorre ad appiattire ulteriormente il quadro d’insieme, macchiandosi pure di un’incomprensibile “gaffe” (tale vogliamo ritenerla). Perché mai, difatti, gli arabi parlano con quell’inflessione marcatamente straniera, come fossero LORO gli invasori? La scelta, riteniamo, farebbe storcere il naso al “diplomatico” filmaker.
Non si capisce bene, in definitiva, a chi dovrebbe rivolgersi un simile polpettone: ai ragazzi rischia di provocare lo sbadiglio, piuttosto che un barlume d’interesse o una sana arrabbiatura.
(O’ Jerusalem); Regia: Elie Chouraqui; soggetto: tratto dal romanzo "Gerusalemme! Gerusalemme!" di Dominique Lapierre e Larry Collins; sceneggiatura: Elie Chouraqui; fotografia: Giovanni Fiore Coltellacci; montaggio: Jacques Witta; musica: Stephen Endelman; interpreti: J. J. Feild (Bobby Goldman), Saïd Taghmaoui (Saïd Chahine), Maria Papas (Hadassah), Patrick Bruel (David Levin), Ian Holm (Ben Gurion); produzione: Films 18, Les Films de l’Instant, Titania Produzioni, G. Israel Studios, VIP 3 Medienfonds; distribuzione: Medusa; origine: FRA/GB/ISR 2006; durata: 128’