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Ogni cosa è illuminata

Pubblicato il 21 settembre 2005 da Salvatore Salviano Miceli


Ogni cosa è illuminata

“Everithing is Illuminated” segna l’esordio alla regia di Liev Schreiber. Conosciuto, fino a questo momento, come interprete, si lancia nella regia con un’opera che risulta assolutamente positiva. Si tratta, infatti, davvero di un bell’esordio. Il suo film è la storia delicata, commovente ma mai banale e, cosa ancora più importante, lontano da qualsiasi concessione alla retorica, di un giovane ebreo americano alla ricerca della donna che in Ucraina salvò la vita al nonno, durante la seconda guerra mondiale. Schreiber si accosta alla tematica realizzando un road-movie tra le povere strade Ucraine. Sfruttando un cast che, oltre al “Signore degli Anelli” Elija Wood, comprende anche attori realmente dell’est, restituisce in modo profondamente autentico le sensazioni, il colore, la malinconia di quelle terre. Il protagonista della saga diretta da Peter Jackson dà vita ad un personaggio enigmatico, ma pronto a svelarsi ed a rivelare una sorprendente semplicità. Wood dimostra così di trovarsi a suo agio anche lontano da “Hobbit” ed anelli vari, regalando un’interpretazione buona soprattutto a fronte di un ruolo non semplice in cui molto valore assume il silenzio. Proprio la naturalezza e la mancanza di artificiosità è forse una delle sorprese più piacevoli durante la proiezione. Tornando indietro, lì dove la sua memoria, pur non direttamente, inizia, il protagonista si riappropria di una molteplicità di stati d’animo, schegge di un passato cui il sangue lo lega. Ricostruisce il dolore, il senso d’abbandono e di smarrimento che erano già in suo nonno, prima che in lui. Schreiber fa’ correre l’automobile dei protagonisti tra terre desolate ed operai scorbutici, in una realtà che sembra essere sospesa e la cui memoria è tenuta viva solo da una lapide in riva ad un fiume. Il regista non compie mai scelte banali, manovrando la sua macchina da presa in modo sicuro e fantasioso, regalandoci anche un campo di girasoli che riempe gli occhi di noi spettatori oltre che l’intero schermo. Bravo, qundi, nell’azzeccare scelte stilistiche sorprendenti specie per un’opera d’esordio, e, pur riconoscendo dei tributi a registi più esperti come Kusturica, il cui inconfondibile segno ritorna spesso, lascia intravedere un’originalità che porterà certamente allo sviluppo ed alla necessaria maturazione di uno stile assolutamente personale. La pellicola avanza, così, nei suoi 110’ minuti senza avvertire e far avvertire alcuna pesantezza. Pur essendo un’opera essenzialmente sulla memoria come forza ed insieme come un bene da custodire, è da lodare, comunque, il tentativo di lasciare fuori lacrime e retorica, di cui troppo spesso si abusa quando anche solo si sfiora, come in questo caso, la tragedia ebraica.

Recensione colonna sonora


CAST & CREDITS

Regia: Liev Schreiber; Sceneggiatura: Liev Schreiber, tratto dal romanzo di Jonathan Safran Foer; Direttore della Fotografia: Matthew Libtique A.S.C.; Scenografia: Mark Geraghty; Montaggio: Craig McKay, Andrew Marcus; Costumi: Michael Clancy; Interpreti: Elijah Wood, Eugene Hutz, Boris Leskin, Laryssa Lauret; Produzione: Warner Indipendent Pictures; Distribuzione Italiana: Warner Bros. Picture Italia; origine: USA 2005; durata: 106’


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