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Oliver Stone e la politica

Pubblicato il 16 ottobre 2005 da Michela Greco


Oliver Stone e la politica

Nell’impossibilità di avere come ospiti della conferenza stampa il regista Oliver Stone e il protagonista del film Fidel Castro alla presentazione del documentario Comandante, a seguire la proiezione si è svolto un dibattito animato da giornalisti e professionisti che hanno incrociato il percorso di Castro nella sua lunga storia di rivoluzionario. Il film di Oliver Stone è una lunga intervista fatta soprattutto all’uomo Castro - più che al politico o al militare - realizzata accompagnandolo e seguendolo per tre giorni in diverse situazioni della sua vita quotidiana, dai pranzi con figli e collaboratori, al bagno di folla durante la visita alla facoltà di Medicina, ai momenti riflessivi, magari nella sua piccola sala cinematografica privata. È un colloquio per cercare di capire e conoscere una delle figure più importanti del ventesimo secolo, quasi un incontro tra amici (traspare, nel film, la stima che Castro nutre per Stone), nel quale, non a caso, vengono appena accennati i temi più scottanti, come ad esempio l’assenza di libere elezioni a Cuba. A discutere del documentario erano presenti Luciana Castellina, Bernardo Valli, Gianni Minà e l’ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede.

Anch’io ho realizzato una lunga intervista a Fidel nel 1987, spiega Minà, e mi rendo conto di essere stato quasi un guerrigliero del giornalismo rispetto al regista americano, che non ha approfondito nessuna delle domande più delicate sulla dittatura cubana; nel 1987 io gli feci ben sei domande sui diritti umani. Ma probabilmente l’intento di Stone non era quello di mettere sotto esame la politica di Fidel, quanto di farne un ritratto umano: è una bella opera di un regista che non accetta verità prestabilite, su un uomo ormai anziano ma lucidissimo, su un intellettuale puro che, in quanto tale, ha tutti gli integralismi degli intellettuali. Dello stesso avviso anche l’Ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, che considera Comandante un film fatto con onestà che vuole capire Fidel e la rivoluzione e che si spinge a dire che la pena di morte non piace a nessuno, ma bisogna considerare la situazione in cui si trova Cuba e la sua necessità di difendersi dal pericolo statunitense. I condannati a morte da Cuba comunque sono molti di meno che in Texas e soprattutto non vengono giustiziate donne, bambini e handicappati, al contario che in America. Dello stesso tono anche l’intervento di Luciana Castellina, che ha incontrato più volte Fidel Castro nella sua veste ufficiale di delegata dell’Unione Europea: Il film di Stone non è su Cuba ma sull’uomo Fidel, un uomo simpatico, spiritoso, aggiornato e coltissimo. Anch’io sono critica su alcune sue scelte (comunque determinate dal comportamento aggressivo degli USA), ma la mia critica è molto più violenta nei confronti di altri Stati. Nel film non si insiste sugli elementi critici ma non si cita nemmeno Guantanamo, oppure la legge statunitense del ’96 che si propone, tra le altre cose, di ottenere sanzioni internazionali per Cuba, di riavere le proprietà statunitensi, o di provocare una transizione forzata alla democrazia. Infine Bernardo Valli che, seppur ridimensionando le critiche positive alla figura di Castro e alle sue scelte, racconta del grande scrittore cubano Anton Arrufat che, in quanto omosessuale, ha subito persecuzioni dal governo cubano, ma che comunque si indigna nel veder comparati gli altri regimi dell’America Latina con quello cubano... Comandante è stato realizzato nel 2003, poco prima che venissero attuate le condanne a morte decise da Castro, che hanno poi spinto produttore e regista a riprendere il dialogo con il dittatore. L’ulteriore intervista ha dato luogo a un secondo film più duro del primo, Looking for Fidel, già andato in onda negli Stati Uniti e che uscirà in Italia in un cofanetto DVD che conterrà i due film per la collana Real Cinema di Feltrinelli.

[aprile 2005]


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