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One Night in Miami

Pubblicato il 24 gennaio 2021 da Francesca Pistocchi
VOTO:


One Night in Miami

Quasi seguendo lo stesso filone teatrale di Ma Rainey’s Black Bottom di George C. Wolfe (http://www.close-up.it/nuovo-artico...), anche il debutto dietro la cinepresa dell’attrice statunitense Regina King sembra svolgersi all’interno di un palcoscenico spaziotemporale alquanto claustrofobico e soffocante – per la precisione, quello dell’America della prima metà degli anni ’60, vittima di un passato ancora coniugabile all’indicativo presente. Passato fuori concorso allo scorso Festival di Venezia, One night in Miami esce ora su Prime Video e promette di introdurci nelle vite di quattro vere e proprie teste di serie: nell’ordine, il pugile Cassius Clay (qui Eli Goree), reduce dall’incontro che lo elesse campione mondiale dei pesi massimi, il cantante Rythm & Blues Sam Cooke (Leslie Odom Jr.), la stella del football Jim Brown (Aldis Hodge) e Malcolm X (il quale non ha bisogno di molte presentazioni).

Il film si basa sull’omonima pièce di Kemp Powers, drammaturgo e sceneggiatore noto a chi, di recente, ha deciso di rituffarsi nel malinconico universo Pixar con Soul . Come accade nella pellicola di Wolfe, veniamo catapultati all’interno di coordinate storiche tanto scomode quanto attuali: il film si articola in tre atti, cronologicamente e tragicamente concatenati fra loro. Il preludio ci trasporta sul ring di Cassius, nella Georgia schiavista di Jim, nonché fra i polverosi spettatori del Copacabana davanti ai quali Sam svolge il proprio lavoro come se si trattasse di togliere la mela marcia da un ramo. A ricucire le fila di queste tre esistenze è la mano di Malcolm X (Kingsley Ben-Adir), una presenza tanto assente quanto ingombrante: saranno infatti le sue dita pacate e decise a rinchiudere le tre star dentro la camera di un Motel, ponendole di fronte ai loro destini individuali e collettivi. L’epilogo della vicenda è ben noto, eppure la regista lascia una porta socchiusa fra ieri e oggi, sospendendo le storie dei protagonisti in un limbo che giunge fino ai giorni nostri.

La cornice è quella dell’indimenticabile notte fra 25 e il 26 febbraio 1964: Cassius, Jim e Sam sono all’apice delle loro carriere, ma non si può dire la stessa cosa del mondo di cui fanno parte. Fra i personaggi, l’unico giunto sul viale del tramonto sembra essere (non a caso!) proprio Malcolm, qui pronto a dirigere lo spettacolo e i suoi attori come se già si trovasse dietro le quinte – non senza, tuttavia, commettere qualche errore di valutazione. Serrati in un’angusta camera di un angusto albergo negli angusti suburbi di Miami, i quattro amici si scontrano sul ring di una Storia comune nella quale la contrattazione regna pericolosamente sovrana. Regina King è bravissima ad intrecciare il singolare al plurale, mettendo in luce i divari che nella Terra Promessa ancora regnano fra la regola e le sue eccezioni. A quarant’anni di distanza dalle sfuriate di Ma Rainey, gli Stati Uniti non sembrano aver cambiato volto: sfruttamento e discriminazione disciplinano ancora i rapporti fra le varie carte del mazzo, sebbene questa volta la mano dei responsabili si nasconda sotto il tavolo da gioco. Sopra, ognuno si muove come può, cercando di sfuggire all’ordine secondo il quale ogni seme deve stare con i suoi simili. La miscela è esplosiva, perché coinvolge tanto lo spettatore quanto i diretti interessati: a riaffiorare è una rabbia incontenibile che tende a riversarsi ovunque – sugli aguzzini, sui pavidi e perfino sugli accenti universali di Bob Dylan. Di indiscriminato c’è solo l’odio: un odio inarrestabile e ormai dimentico delle proprie reali origini, un odio che rischia di permeare l’intera causa, un odio necessario e tuttavia rovinoso.

Particolarmente interessante è la figura di Malcolm X, qui fotografato nella contraddittoria coerenza che ne determinò il mito. La regista ne fa la voce narrante dell’intera pellicola: egli sarà il solo personaggio a congedarsi con i titoli di coda, cedendo ai tre compagni il proprio posto sul difficile palcoscenico di una Nazione ancora in bianco e nero. L’intercapedine del film si sorregge su un’ambivalente dinamica degli opposti nella quale ad ogni azione corrisponde una reazione: l’ascesa di Cassius, Jim e Sam, la chimera del successo e della fama, la logica del patteggiamento sembrano tradire e al tempo stesso servire la causa tanto quanto il brutale idealismo e l’irreprensibilità spirituale che contraddistinguono la parola di Malcolm. Il finale rimane aperto: a noi il compito di trovare un compromesso – oppure di rifiutarlo.


CAST & CREDITS

One night in Miami - Regia: Regina King; sceneggiatura: Kemp Powers; fotografia: Tami Reiker; montaggio: Tariq Anwar; interpreti: Kingsley Ben-Adir (Malcolm X), Eli Goree (Cassius Clay), Aldis Hodge (Jim Brown), Leslie Odom Jr. (Sam Cooke), Lance Reddick (Brother Kareem), Nicolette Robinson (Barbara Cooke), Michael Imperioli (Angelo Dundee), Beau Bridges (Mr. Carlton), Lawrence Gilliard Jr. (Bundini Brown), Aaron D. Alexander (Sonny Liston), Jeremy Pope (Jackie Wilson), Christopher Gorham (Johnny Carson); produzione: ABKCO Films, Snoot Entertainment; origine: USA 2020; durata: 115’.


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