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Paradise: Faith

Pubblicato il 3 settembre 2012 da Luca Lardieri


Paradise: Faith

Dopo l’amore, la fede vista attraverso l’obiettivo della macchina da presa del regista austriaco Ulrich Seidl. A undici anni di distanza dalla sua partecipazione al festival di Venezia con il controverso Canicola, e a pochi mesi dal primo capitolo sulla trilogia del Paradiso presentata a Cannes Paradies: Liebe, Saidl torna al lido in concorso con un film duro, algido, schietto ed agghiacciante.
Attraverso uno stile documentaristico, che lascia pochissimo spazio ai virtuosismi della macchina da presa e tantissimo al lavoro dell’attore su se stesso e sul proprio personaggio, il sessantenne regista austriaco ci mostra una donna di mezza età (Annamaria) che, una volta smessi i panni di tecnico di radiologia presso l’ospedale di una piccola cittadina, gira per le case della gente con in braccio una piccola statua della Madonna, cercando di far pregare le persone che vi abitano e di redimerle dai loro molteplici peccati. La donna conduce un’esistenza da vera e propria devota penitente, che ogni giorno prega davanti ad un crocifisso e si punisce frustandosi e indossando il cilicio. Man mano che andiamo avanti con il racconto, veniamo a conoscenza della sua storia e dei problemi familiari che l’hanno portata a intraprendere questo percorso.
Forte è sicuramente l’aggettivo che si addice di più a questo lungometraggio. L’assenza di fronzoli e di dialoghi strutturati, che avrebbero snaturato la potenza del messaggio dell’opera di Seidl, spiazza lo spettatore e lo porta quasi a sentirsi disgustato. Non per perbenismo o perchè si possa in qualche modo sentire offeso dalle immagini di Glaube, bensì perchè rimane scosso dalla follia alla quale può giungere la mente umana. Ci mostra palesemente un film che crede profondamente nella fede in senso lato e che punta il dito verso tutte quelle religioni (la maggior parte) che affondano le proprie radici nel concetto di peccato e colpa da espiare. Una vita, quella terrena, troppo spesso vissuta alla ricerca di una vita migliore dopo la morte. Alla ricerca di un paradiso. Annamaria cerca di reprimere ogni singola pulsione del proprio corpo attraverso punizioni corporali e rifugiando qualsiasi tipo di contatto fisico con il prossimo. Ciò la porterà alla totale perdita di contatto con la realtà e alla conseguente, inevitabile e necessaria scena del rapporto sessuale con il crocifisso che prega ogni sera ed ogni mattina. La ricerca dell’amore e della comprensione promessa da quel simbolo a cui lei è tanto devota.
Un film che se vogliamo esplora l’altro lato di ciò che ha mostrato P.T. Anderson in The Master, tirando in ballo una religione ufficiale e che allo stesso tempo si nutre delle medesime paure e debolezze proprie dell’essere umano. Il tutto risulta ancora più credibile grazie alle continue improvvisazioni messe al servizio della macchina da presa dall’ottimo cast, sul quale svetta la poderosa interpretazione di Maria Hofstatter. Un film importante e bellissimo.


CAST & CREDITS

Paradies: Glaube; Regia e sceneggiatura: Ulrich Seidl; fotografia: Wolfgang Thaler, Edward Lachman; montaggio: Christof Schertenleib; interpreti:Maria Hofstätter, Nabil Saleh; produzione: Ulrich Seidl Film Produktion GmbH, Tatfilm, Société Parisienne de Production; origine: Austria, Francia, Germania 2012; durata: 113’.


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