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Parkland

Pubblicato il 1 settembre 2013 da Giovanna Branca

VOTO:

Parkland

Ricorre tra poco più di due mesi il cinquantennale dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, morto nel tristemente celebre 22 novembre del 1963. Evento tra i più traumatici della storia americana, la morte del giovane presidente democratico non mancherà di far spuntare, per questo cinquantennale, ogni sorta di opera commemorativa. La prima a fare capolino è Parkland, esordio alla regia di Peter Landesman che, presentato in concorso alla Mostra del cinema, narra dell’omicidio e dei caotici tre giorni che lo seguirono. Interpretato da un cast di all star (Zac Efron, Billy Bob Thornton, Paul Giamatti...) il film di Landesman ripercorre quei giorni focalizzandosi sulle vicende dei principali attori di quel tragico evento: i dottori dell’ospedale che dà il titolo al film, il Parkland Memorial Hospital di Dallas, che cercarono invano di rianimare il presidente; l’ingresso involontario nella Storia di Abraham Zapruder (Paul Giamatti), autore del filmato amatoriale in cui si vede la morte di Kennedy; il capo della squadra dei servizi segreti incaricata di seguire la visita in Texas del presidente (Billy Bob Thornton) che indaga sull’accaduto; Robert Edward Lee Oswald che apprende dalla radio la notizia che il fratello, Harvey Lee, è stato arrestato come autore dell’attentato; l’impresa per trasportare la salma di JFK a Washinghton; il giuramento di Lyndon Johnson e così via.
La morte di Kennedy è stato un tema che la settima arte ha tardato a trattare, una ferita troppo profonda perché la si potesse affrontare a ridosso degli eventi. Ma dal momento in cui si è iniziato a parlare di quel giorno di novembre non si è mai più smesso: la quantità di film che trattano direttamente o incontrano tangenzialmente l’omicidio di JFK sono una miriade, come per tutti gli eventi che hanno cambiato il corso della storia.
Parkland comincia con un montaggio furbetto che, nel giorno in cui Kennedy è atteso a Dallas, mischia immagini di repertorio con la fiction stabilendo una continuità tra le due, per poi interrompere l’afflusso di immagini documentarie proprio nel momento in cui si compie la tragedia, ovvero quando tutti sono in grado di ripescare nella propria memoria il filmato in cui il presidente, affianco alla moglie, si accascia nella sua auto. Nel film lo vediamo invece attraverso gli occhi, e la "macchina da presa", di Abraham Zapruder, un Paul Giamatti molto sotto tono, piagnucolone e per niente convincente.
Sembrerebbe quindi che Parkland miri ad andare più in profondità di quanto si sia mai fatto, ad osservare con la lente d’ingrandimento solo quella manciata di giorni che segue immediatamente l’evento cardine della “storia” del film, nonché della Storia tout court. Ma non basta scendere più in profondità di quanto non si sia mai fatto per realizzare un’opera degna di nota. E anzi il desiderio di Landesman di muoversi tra troppi livelli priva il film di ogni mordente, dal momento in cui nessuna linea narrativa va più in profondità abbastanza da attechire nell’interesse dello spettatore


CAST & CREDITS

(Parkland) Regia: Peter Landesman; sceneggiatura: Peter Landesman; fotografia: Barry Ackroyd; montaggio: Leo Trombetta; musica: James Newton Howard; scenografia: Rodney Becker; interpreti: Zac Efron (Jim Carrico), Billy Bob Thornton (Forrest Sorrels), Paul Giamatti (Abraham Zapruder), Tom Welling (Roy Kellerman); produzione: The American Film Company, Exclusive Media Group, Playtone; origine: Stati Uniti; durata: 93’.


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