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Pasolini

Pubblicato il 25 settembre 2014 da Giovanna Branca
VOTO:


Pasolini

Dopo che il film sui giorni che sono costati a Dominique Strauss-Kahn la carriera politica era stato fischiato dagli stessi buyers al mercato di Cannes, Abel Ferrara sbarca al lido di Venezia, in concorso, con un film che racconta l’ultimo giorno di vita di uno dei più grandi intellettuali italiani, Pier Paolo Pasolini.
Ad interpretare lo scrittore, regista e poeta è Willem Dafoe, che in certe inquadrature risulta praticamente identico a lui. Ma non basta una straordinaria somiglianza fisica o la bravura dell’interprete di L’ultima tentazione di Cristo a fare un film su una delle personalità più importanti del nostro paese, il cui omicidio è peraltro una delle questioni più controverse della storia recente. Di Pasolini, nel film che porta il suo nome, c’è in realtà ben poco. Non c’è accenno al suo pensiero, né politico né artistico; non c’è traccia del suo dramma umano di persona che lotta contro il pregiudizio e contro l’accanimento censorio verso la sua opera; neanche l’ombra del suo acceso odio verso il pensiero comune della borghesia italiana. Sembra che Ferrara abbia fatto un film su Pasolini per avere il pretesto per mettere in scena delle ricostruzioni filmiche da lui firmate di entrambe le opere lasciate incompiute dal regista e scrittore: Petrolio ed il film cui stava lavorando prima di morire. Ma anche in questo tentativo di dare in qualche modo vita a ciò che è rimasto seppellito con l’immaginazione del suo autore c’è ben poco di visionario, dato che certo non basta una dose di libertà e spregiudicatezza verso il sesso per “rifare” Pasolini. Ed ancora peggio è la cronaca delle sue ultime ventiquattro ore: l’incontro con alcune delle persone più care – Ninetto Davoli (Riccardo Scamarcio), Laura Betti (Maria De Medeiros), la madre, il cugino Nico Naldini (un Valerio Mastandrea per niente a suo agio) – l’ultima e premonitrice intervista rilasciata a Furio Colombo; l’incontro con Pelosi e l’omicidio, in cui al mistero che lo avvolge si preferisce la versione ufficiale, cui viene dato credito totale preferendo non addentrarsi nella sua problematicità, che non è neanche accennata.
Una cronaca del tutto futile in quanto non si capisce assolutamente cosa voglia comunicarci o se abbia anche solo intenzione di dirci qualcosa su Pasolini. Ed infine c’è il problema della lingua: l’inglese utilizzato quando si parla l’italiano “alto” e l’italiano stesso quando si parla “romanaccio”: anche se la versione che uscirà in sala sarà completamente doppiata in italiano, e se pure si può fare uno sforzo di immaginazione a vedere Pasolini che parla inglese, la frequente commistione con l’italiano, e l’inglese stentato degli attori nostrani danno luogo ad un cortocircuito in cui è impossibile accettare questo pasticcio linuistico.
Abel Ferrara ha affermato in conferenza stampa di aver voluto, con questo film, meditare su quello che ritiene un “suo maestro”, assorbire il suo lavoro, entrare in contatto con chi lo ha conosciuto. Ma benché ami definirsi l’”italiano del Bronx”, il suo Pasolini ha tutta l’aria del film fatto da un americano su qualcosa, e qualcuno, che non capisce.


CAST & CREDITS

(Pasolini) Regia: Abel Ferrara; sceneggiatura: Abel Ferrara, Maurizio Braucci; fotografia: Stefano Falivene ; interpreti: Willem Dafoe (Pier Paolo Pasolini), Maria De Medeiros (Laura Betti), Riccardo Scamarcio (Ninetto Davoli), Giada Colagrande (Graziella Chiarcossi); produzione: Capricci Films Urania Pictures S.r.l., Tarantula, Arte, Canal+, Dublin Films, Eurimages, Wallimage; distribuzione: EuroPictures; origine: Francia, Belgio, Italia; durata: 86’.


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