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Paterson

Pubblicato il 22 dicembre 2016 da Fabiana Sargentini
VOTO:


Paterson

"A volte una pagina bianca offre più possibilità" questa la massima, senza saperlo consolatoria, pronunciata da un turista giapponese in pellegrinaggio a Paterson in quanto città natale di William Carlos Williams, poeta amato dal nipponico, a Paterson (Adam Driver, reduce da Star Wars), il giovane autista di autobus (omonimo del suo luogo di nascita) con la vena del poeta, anche lui con tutti i volumi di Williams sul comodino. L’ultima pellicola di Jim Jarmush trascina lo spettatore in una cittadina di provincia, dove tutti fanno sempre le stesse cose, che non sono poi molte. Paterson ha una bella moglie (Goldshifteh Farahani), molto intraprendente ma casalinga, forse l’unica che cambia desiderio di cosa fare della sua vita ogni giorno, che si tuffa, soprattutto nella sua testa, in nuove potenziali avventure lavorative, provando a imparare nuove pratiche stufandosi dopo un istante e cambiando presto idea, ma non energia e ingenuo entusiasmo. Il marito esce di casa ogni mattina alle 6, torna ogni sera alle sette, dopo cena porta fuori Marvin, il bulldog sostitutivo di un figlio, fa un breve stop all’unico locale della zona a bere una birra e chiacchierare con personaggi da bar: il proprietario nero molto oversize, la coppia in crisi soprannominata da tutti per gioco Romeo e Giulietta, qualche saltuario cliente di passaggio. Paterson scrive ogni giorno qualche riga su un diario, nei pochi attimi prima di iniziare a guidare lungo il percorso tracciato, nella pausa pranzo (quando consuma una gamella fatta con le manine della moglie contenente ogni giorno una pietanza diversa, non sempre commestibile, e una foto di lei con un’espressione come gli dicesse qualcosa). Come sempre Jarmush gioca con la musica e con le parole, in questo caso sovrascrivendo sull’immagine le lettere vergate a mano dal protagonista e scandite, mano a mano che vengono pensate e formulate su carta, a voce: una sorta di litania calma che scorre lenta come le ruote del pullman, mentre i passeggeri salgono e scendono, si raccontano aneddoti e fatti accaduti nelle ore precedenti, si guardano l’uno con l’altro, con attrazione o disprezzo, dipende dalle volte. Fuori da questo autobus (che potrebbe deviare da un momento all’altro - ma poi non lo fa mai- come nel "Il filobus numero 75", perfetto raccontino di Gianni Rodari del 1960) passano in carrellata palazzi tutti similia fra loro, marciapiedi, periferia urbana, fabbriche, slarghi da edificare. Ma nulla cambia, tutto ruota perché la terra è tonda e a furia di girare si torna sempre al punto di partenza. La bella moglie aspetta a casa con qualche nuova stravaganza, Paterson torna ogni sera pronto per gustare manicaretti sperimentali e portare fuori il cane. Una sera però Marvin ha fatto il cattivo rosicchiando in mille pezzi il prezioso quadernino su cui il suo padrone scrive da tempo ed è un cataclisma interiore che l’uomo vive quasi impassibile, come se anche quella fosse una prova per continuare ad andare avanti, intorno, rotolando like a rolling stone.


CAST & CREDITS

(Paterson); Regia: Jim Jarmush; sceneggiatura: Jim Jarmush; fotografia: Frederick Elmes; montaggio: Alfonso Gonçalves; musica: Drew Kunin; interpreti: Adam Driver, Goldshifteh Farahani; produzione: Amazon Studios, K5 film, Exoskeleton inc; distribuzione: Le Pacte; origine: Stati Uniti, 216; durata: 113’.


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