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Perdona e dimentica

Pubblicato il 15 aprile 2010 da Carlo Dutto


Perdona e dimentica

A settembre Todd Solondz ha illuminato il concorso di Venezia. Tornano alcuni personaggi, con diversi attori, in una sorta di sequel delle distruzioni famigliari che resero Happiness nel 1998 un assoluto successo di critica, dopo il già interessante e tagliente Fuga dalla scuola media. Cambia lo scenario (dal New Jersey alla non meno accomodante Florida), ma non si perde, fortunatamente, il cinismo che contraddistingue il regista di Newark, il suo sguardo illuminato, illuminante e distruttivo sulla Famiglia come entità da consumare preferibilmente entro breve tempo. Torna il pallidissimo Solondz con occhiali spessi e cinismo al vetriolo, supportato dal risparmio produttivo dell’uso della tecnologia digitale Red, che quasi stilizza i personaggi, e che grazie al bellissimo lavoro della "scrittura con la luce" di Ed Lachman (Far from Heaven) li circonda di un alone da situation comedy con gioco al massacro.

Ogni personaggio sembra portatore sano di una sorta di parola d’ordine, surrogati metaforici dei caratteri. La sceneggiatura attribuisce a Joy, sorella minore e vittima sacrificale che tutto assorbe, innumerevoli I’m sorry. Lei – sorta di ebrea errante in cerca di consolazione alla frustrazione di non riuscire a salvare l’umanità – chiede scusa a tutti, per tutto. Interpretata da una stralunata, meravigliosa Shirley Henderson, la Mirtilla Malcontenta della saga di Harry Potter, Joy è cardine di uno scardinamento, personaggio che sfugge alle sconfitte di una vita inutilmente dedicata agli altri per sfuggire da sé stessa. Per Joy seguire i detenuti nel percorso di riabilitazione è un lavoro che continua tra le pareti domestiche, alle prese con una marito affetto da non chiariti disturbi sessuali. Ogni tentativo di Joy di salvare l’umanità si risolve in un suicidio, un fallimento su tutta la linea, che la sorella-di-mezzo, affermata attrice hollywoodiana, le rinfaccia senza mezzi termini. Crudeltà a pioggia, mentre la macchina da presa svela i meandri nascosti della camerette dei figli, violate dal wartime, una condizione di perenne guerra materiale e psicologica, una paura senza fine, in perenne richiesta di perdono. Un intreccio vorticoso di sensi di colpa, frustrazioni, perversioni, incubi a occhi aperti. La famiglia è una ragnatela, un labirinto senza via di uscita, una pervicace ricerca dell’inutile via di fuga. Solondz risolve perfettamente questo intreccio facendo leva su piccole, grandi scene madri risolte ai tavoli di ristoranti e fast food, fatti di dialoghi secchi e senza redenzione, eccellenti nella loro disturbante normalità che svelano immaturità caratteriale, disequilibri angoscianti. Il momento conviviale del cibo è appannaggio di luoghi esterni alla casa, la tavola dove stendere i cocci è luogo unico di svelamento del perturbante.

Si ritrovano tutti, belli in mostra i topoi che hanno reso Solondz un autore tanto visceralmente crudo nelle sue super-black comedies. Bambine che inghiottono psicofarmaci come fossero Woody Allen, donne che rinnegano la maternità, padri pedofili (quello interpretato da Ciaràn Hinds è davvero da pelle d’oca), psicologie allo sbando e nessun avvenire. Una spanna sotto la qualità narrativa del citato Happiness, il film - ritorno alla regia di Solondz dal 2004 (Palindromes) – risulta a tratti più costruito, meno viscerale, diretto, anche se uno dei migliori visti in questa edizione della Mostra di Venezia. L’America sprofonda “during wartime”, un periodo pressoché ininterrotto, la guerra con le armi e la guerra a un popolo cresciuto a pane e american dream. Temi quali l’ebraismo, la morte, il terrorismo creano il quadro dei riferimenti. Una Charlotte Rampling quasi demoniaca irrompe per pochi, intensi minuti. Non esiste redenzione nemmeno per Paul Reubens, l’attore protagonista del bartoniano Pee Wee’s big adventure che ebbe la carriera distrutta per uno scandalo a sfondo pedopornografico. Qui torna nella parte del fantasma di un suicida che non trova pace neppure nella morte. Il wartime continua. Per tutti.

[Carlo Dutto]


CAST & CREDITS

(Life during wartime) Regia, soggetto e sceneggiatura: Todd Solondz; montaggio: Kevin Messman; fotografia: Ed Lachman; interpreti: Shirley Henderson (Joy), Ciaràan Hinds (Bill), Allison Janney (Trish), Michael Lerner (Harvey), Jaqueline (Charlotte Rampling), Andy (Paul Reubens), Reneé Taylor (Mona); produzione: Werc Werk Works, Fortissimo Films; origine: Usa, 2009; durata: 96’;


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