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Perduto amor

Pubblicato il 20 maggio 2003 da Alessandro Borri


Perduto amor

Le intenzioni programmatiche di fuoriscita dal presente sono evidenti fin dall’ouverture di Perduto amor: caos di traffico e di metropoli contemporanea sul nero, quindi la voce di Manlio Sgalambro a far da tramite per il salto dimensionale. Ed eccoci nel metafisico silenzio di un paesino etneo nel mezzogiorno svuotato dal sole, stupito quasi della propria estraneità insulare, indifferente al resto del mondo, se non alle notizie sanremesi, nel corso di cucito che all’ombra di un patio inganna l’ora morta. Ecco stilizzato il senso del debutto restio di Battiato alla regia: un amarcord convenientemente esoterico, degno contraltare al ruspante rockeggiare padano del Ligabue di Radiofreccia. Un sogno fatto in Sicilia (e a Milano) che vive di improvvisi scarti e intuizioni epifaniche: onde concentriche in uno stagno, raggi di luce nella penombra di un muro meridiano. Che concede la giusta attenzione proustiana a un dopobarba d’epoca come a un 45 giri di Dalida appena sbarcato dalla Costa Azzurra, ai primi mangiadischi come ai frigoriferi Zoppas, allo struscio serale come alle folgorazioni karmiche, e per somma virtù di contrasto fa piazzare a un prete illuminato il Bach rigorista della Passione secondo Matteo prima di una messa domenicale mediterranea. In effetti dove Battiato più si diverte è palesemente nelle scelte della compilation musicale (che svariano in allegria da oscuri hit dalla scena del pop minore Sixties al Purcell sublime di Dido and Aeneas) e nel lavoro sul suono, che gioca con risultati notevoli sui livelli, i disturbi alla percezione e sulla corrispondente articolazione mentale dello spazio. Ma anche nella dislocazione dei cameo, dal silenzioso separatista di Giovanni Lindo Ferretti all’improbabile teorico della dimensione catartica della performance rock impersonato da Francesco De Gregori. Quando poi ci si sposta nella piccola-grande città del Nord, ci aspettano case editrici meneghine progressiste che passano da Steinbeck ai diari di un siciliano immigrato in odore d’avanguardia e case musicali distratte che si lasciano sfuggire Battisti, lezioni di sesso tantrico e digressioni verso il beat, l’hard rock, John Cage... Tanto sempre alla Magna Grecia e alle granite alla mandorla inevitabilmente si torna. E il neo-regista in questo percorso costellato di interpellazioni in macchina e attentati mai mortali alla narrazione trova un suo peculiarissimo equilibrio forse fortuito e non replicabile, ma a tratti struggente, come Battiato che canta Adamo.

[maggio 2003]

Cast & credits:

Regia: Franco Battiato; sceneggiatura: Franco Battiato, Manlio Sgalambro; fotografia: Marco Pontecorvo; montaggio: Isabelle Proust; scenografia: Francesco Frigeri; costumi: Gabriella Pescucci, Flora Brancatella; interpreti: Corrado Fortuna, Donatella Finocchiaro, Anna Maria Gherardi, Lucia Sardo, Ninni Bruschetta, Tiziana Lodato, Manlio Sgalambro, Gabriele Ferzetti, Nicole Grimaudo; produzione: Francesco Cattini per L’Ottava e Sidecar; origine: Italia 2003; distribuzione: Warner Bros. Italia; durata: 87’.

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