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Perfetti sconosciuti

Pubblicato il 29 febbraio 2016 da Matteo Galli
VOTO:


Perfetti sconosciuti

Dopo il grandissimo ma alla fine difficilmente esportabile trionfo di Quo vado, dopo la vittoria di Fuocoammare a Berlino, il cinema italiano torna a mietere successi con l’undicesimo film di Paolo Genovese, intitolato Perfetti sconosciuti (primo incasso per due weekend consecutivi, già adesso dodicesimo incasso della stagione, dopo questo weekend sarà sicuramente nella top ten). È proprio al mercato di Berlino che il film ha riscosso una considerevole attenzione, si legge che il film è stato non solo venduto in diversi paesi ma che – un dato certamente interessante – da più parti è stata acquisita la sceneggiatura in vista di un possibile remake in altri contesti geografici e culturali. Il che sottolinea ciò che è stato acutamente individuato dagli operatori del settore: l’universalità del soggetto, la solidità della sceneggiatura. Di quest’ultima colpisce il ritmo, alcune battute fulminanti (si ride davvero tanto in Perfetti sconosciuti, verso la fine, però, si potrebbe anche piangere) e la capacità di giocare sui toni comici e drammatici, con un continuo shifting fra gli uni e gli altri per buona parte del film, fin quando però nell’ultimo terzo la pellicola prende una deriva decisamente drammatica, appena appena stemperata da un finalino sliding doors. Ciò che gli autori di remake faranno fatica a trovare è un cast così azzeccato e affiatato; dei quattro maschi non si sa chi scegliere: Rocco, il saggio chirurgo plastico interpretato da Marco Giallini, Cosimo, il tassinaro un po’ coatto di Edoardo Leo, Beppe, l’insegnante precario di educazione fisica, imbarazzato e taciturno, Giuseppe Battiston e Lele, il tormentato impiegato dell’Enel Valerio Mastandrea. Uno più bravo dell’altro; Leo e Giallini ormai si conoscono a menadito e si sente il ritmo perfetto d’interazione, Mastandrea, a cui la sceneggiatura affida le battute più fulminanti, non aveva bisogno di questo film per farci capire che è uno degli attori italiani migliori. E Battiston cresce col film: all’inizio recita a perfezione l’impaccio e poi acquisisce consapevolezza, il personaggio e l’attore. Forse un gradino sotto le tre attrici (d’altra parte quattro dei cinque sceneggiatori sono maschi, e si sente): Eva, la psicanalista, madre e moglie in crisi, interpretata da Kasia Smutniak, Carlotta, mamma a tempo pieno si direbbe (nel film non risulta che abbia una professione), interpretata da Anna Foglietta e la migliore delle tre interpreti femminili Alba Rohrwacher (fedele a molti dei suoi personaggi candidi e ingenui, ma con un tocco di lieve perversione in più), che è Bianca, la neo-moglie di Cosimo, veterinaria. Un film di sceneggiatura e di attori, dunque, che potrebbe costantemente - data l’unità di luogo, tempo, azione – ingenerare noia, classico film d’impianto teatrale in cui malgrado i tentativi di muovere la macchina da presa, sempre lì siamo, sempre lì si resta. E invece Genovese e i suoi quattro sceneggiatori hanno saputo, per così dire: di sola scrittura, movimentare il plot. Basti pensare, ex negativo, a un film italiano recente che presenta, in parte, una struttura simile ossia Il nome del figlio di Cristina Comencini, anche lì una cena di coppie in una casa borghese romana; ma lì la sceneggiatura, i dialoghi non funzionavano neanche un po’ (si pensi a personaggi improbabili come quello interpretato da Luigi Lo Cascio che tweettava di continuo o Rocco Papaleo amante clandestino della madre dei fratelli protagonisti) – e infatti anche gli attori – sulla carta bravissimi - non avevano certo dato il meglio di sé in quel film.
Il plot, ovviamente, lo si conosce, nel frattempo: Eva, la psicanalista (mai fidarsi degli psicanalisti!) propone uno showdown di autocoscienza: stasera tutto quel che arriva sui cellulari (telefonate, sms, whatsapp) viene condiviso pubblicamente dalla comunità degli amici (i quattro amici di sempre che ancora ogni settimana giocano a calcetto) e delle loro compagne (a parte Beppe, che, con sorpresa di tutti, alla cena arriva da solo). Qualche breve discussione se accettare la proposta di Eva (che il nome non sia casuale?) e poi inizia il massacro, una via di mezzo fra L’angelo sterminatore e Carnage. Tutti, ma proprio tutti, hanno qualcosa da nascondere: segreti ora un po’ più innocui, ora un po’ meno. A voler spaccare il capello in quattro: un po’ troppa roba, concentrata intorno a quella mensa; d’altra parte i personaggi andranno pur connotati con qualcosa, altrimenti sul piano drammaturgico non esistono. La morale? Come ha dichiarato Genovese citando Gabriel Garcia Márquez: ciascuno di noi ha tre sfere, quella pubblica, quella privata e quella segreta, di cui il cellulare, da un po’ di anni a questa parte, è il depositario; e la segreta resti tale se non si vuole far saltare tutto in aria. O invece, magari, si vuole far saltare tutto in aria. Deve decidere lo spettatore.


CAST & CREDITS

(Perfetti sconosciuti); Regia: Paolo Genovese; sceneggiatura: Paolo Genovese, Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini, Rolando Ravello; fotografia: Fabrizio Lucci; montaggio: Consuelo Catucci; interpreti: Katja Smutniak (Eva), Marco Giallini (Rocco), Anna Foglietta (Carlotta), Valerio Mastandrea (Lele), Alba Rohrwacher (Bianca), Edoardo Leo (Cosimo), Giuseppe Battiston (Beppe); produzione: Lotus Productions; origine: Italia, 2016; durata: 97’.


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