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Persona non grata

Pubblicato il 2 febbraio 2006 da Fabrizio Croce


Persona non grata

La preservazione della memoria occultata e mancante sembra essere l’ossessione al centro dell’ultima, densissima, estenuante fatica dietro la macchina da presa di Krzysztof Zanussi. E il film ci introduce fin dalla sequenza d’apertura nell’immagine che sarà successivamente assente a livello fisico, ma presente come ossessione e rimpianto tra le piaghe delle vite dei protagonisti: questa donna bellissima, elegante, dallo sguardo malinconico passerà dalla staticità delle fotografie a quella di un dolente letto di morte, sul quale la piangerà, negandone la condizione, l’uomo anziano visto felice accanto a lei in una delle foto. Intorno a questo nucleo semplice sia dal punto di vista iconografico che da quello drammaturgico -un uomo che piange la sua donna scomparsa - Zanussi costruirà una rete molto fitta composta da parole, corpi, voci, situazioni sempre più stratificate, stringenti, opprimenti, tese a riempire di suono e fisicità la voce inafferrabile e ondulante del dolore esistenziale. Vestirà il suo piccolo uomo schiacciato da un perdita tanto inestimabile della carica di ambasciatore polacco in Uruguay, contestualizzando l’ambiente diplomatico come un mondo popolato da patetiche, sbiadite, goffe fotocopie di 007 sul viale del tramonto e da giovani tristemente attratti dal luccicore di latta della carriera, senza la capacità di riflettere sul passato della propria contraddittoria Storia. Gli porrà come antagonista sentimentale del ricordo un grosso, godurioso russo speculare a lui nel modo esplosivo e vitale di occupare lo spazio, contro una modalità sospettosa, indurita, implosa nelle tela dei rimpianti e dei dubbi senza uscita; scioglierà questo nodo aspro nel lirismo di una fine (e di un finale) all’insegna di una spiritualità quasi visionaria volutamente dissociata dalla sobrietà stilistica di tutto il racconto, un momento nel quale ciò che era superfluo e meramente riempitivo di una situazione elementare nella sua tragicità, finirà sul fondo per far emergere la forza dei legami oltre la vita e la morte, oltre l’immaginazione e la razionalità. Il problema fondamentale che appare non risolto è pero la mancanza di coesione e di fluidità con cui il vecchio Wiktor dovrebbe entrare ed uscire dal ruolo grottesco e patetico di improbabile protagonista di una spy story a introverso e meditativo pensatore di un passato in bilico tra storia personale e impegno politico, più volte citato nelle riflessioni parallele su Russia e Polonia con l’amico-rivale sovietico. Lo stesso rigore formale dello sguardo di Zanussi talvolta sembra perdersi tra i labirinti di questa dualità del personaggio di Wiktor, con immagini ora troppa cariche di emozione e verità, nelle quali sembra cascare direttamente dentro lo schermo e altre completamente svuotate, asettiche, distaccate che spingono gli occhi a cercare altrove, a trascinare alla visibilità della luce quel fulcro nascosto e dolente che rappresenta ogni abbandono e ogni solitudine.

(Persona non grata); Regia e sceneggiatura: Krzysztof Zanussi; fotografia: Edward Klosinski; montaggio: Wanda Zeman; musica: Wojciech Kilar; interpreti: Zbigniew Zapasiewicz (Wiktor), Nikita Mikhalkov (Oleg), Jerzy Stuhr (Consigliere), Remo Girone (Alfredo), Victoria Zinny (Luciana); produzione: Studio Filmowe Tor, Three T Productions, Sintra, Istituto Luce; distribuzione: Istituto Luce; origine: Russia/Polonia/Italia; durata: 117’

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