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Pinocchio 3K

Pubblicato il 7 gennaio 2006 da Andrea Di Lorenzo


Pinocchio 3K

In un mirabolante futuro targato Filmax, un piccolo cyborg creato da un ingegnere italiano prende vita per sconfiggere le bieche menti che vorrebbero rendere la sua città natale un semplice groviglio d’acciaio e cristallo. Il cyborg in questione si chiama Pinocchio, mentre suo padre risponde al nome di Mastro Geppetto. Vi ricorda qualcosa? Beh, diciamo che Collodi c’entra, ma fino ad un certo punto. La mitica Toscana della favola più famosa di tutti i tempi, trasformata da una prima versione disneyana in un’Europa da operetta, diventa città futuristica del XXXI secolo in stile Il Quinto Elemento di Luc Besson. Motivo? Il regista è Daniel Robichaud (al suo primo lungometraggio), supervisore delle animazioni di film quali Titanic, Il Re Scorpione, K-Pax e, guarda caso, proprio de Il Quinto Elemento. Il regista francese è l’uomo giusto, secondo la casa di produzione spagnola, per bissare il successo de El Cid (2003), primo lungometraggio della stessa Filmax, vincitore del Premio Goya per l’animazione. Il premio arriverà anche per Pinocchio 3K, grazie soprattutto ad una tecnica animatoria di primo livello, accurata, fluida e notevolmente sgargiante nei suoi colori vivaci. Ma torniamo a Collodi ed al suo (ex) burattino. Della storia originale rimane ben poco in questo re-make digitale: un gatto e una volpe robotizzati, spelacchiati e sempliciotti; un Mangiafuoco che per l’occasione viene eletto sindaco di una megalopoli e costruisce un paese della cuccagna (leggasi Luna Park), in cui i bambini vengono trasformati in piccoli robot soggiogati al volere del loro sindaco-padrone; un pinguino maggiordomo (già visto in Chi ha incastrato Roger Rabbit?) in vena di simpatie ma incredibilmente odioso e scontato; una fata madrina di colore (realizzata prendendo come modello Whoopi Goldberg, che ne è anche la voce originale) ed una balena-ottovolante-trasformabambini messa lì tanto per ricordarci che ci si ispira a Pinocchio e non ad un qualsiasi film ambientalista. Già, perché si ha come l’impressione che qualcuno sia rimasto tanto affascinato dall’opera di un certo regista giapponese (di cui evito di fare il nome, perché se ne parla fin troppo) da volerlo, in un qualche modo, copiare... Sin dalle prime battute del film, ci viene subito messa di fronte la squallida realtà in cui sono costretti a vivere i bambini del XXXI secolo: città tecnologicamente all’avanguardia ma senza una zona verde dove i pargoli possano allegramente giocare. Cosa fanno allora i bambini di questa città per divertirsi? Semplice. Giocano a fare i piccoli ambientalisti new-age! Ed il buon Pinocchio a sua volta s’impegna nel preservare la natura, tanto amata da una sua compagna di scuola di cui probabilmente è innamorato. Ma stiamo scherzando? Un Pinocchio ambientalista? Ma se era un burattino di legno! Qui lo ritroviamo persino nei panni di novella Ambra, impegnatissimo con il suo microfonino a cantare e ballare, col fine di soggiogare le menti del giovane pubblico che gli si affolla davanti. Un Pinocchio al passo con i tempi? Lo preferivo quand’era bischero e suo padre era un tal Nino Manfredi. Eppure il film avrebbe potuto prendere una piega diversa: Pinocchio perde una gara di immaginazione con la sua amichetta bionda e, furente dalla rabbia, con un impeto di egocentricità e antipatia, strappa la medaglia di vincitore dal collo della bambina, per poi auto-proclamarsi campione assoluto di fantasia. Pinocchio cattivo ed antipatico, chissà che qualcuno prima o poi non ci pensi.


CAST & CREDITS

Regia: Daniel Robichaud; Sceneggiatura: Carlo Collodi (Romanzo), Claude ScassoPeter Svatek; Musica: James Gelfand; Montaggio: Claudette Duff; Produttori: Louis Duquet, Philippe Garrell, Jacques Pettigrew e Paco Rodríguez; Produzione: CinèGroup, Filmax; Distribuzione: DNC Entertainment; Origine: Canada-Sp-Fr, 2004; Durata: 80 min.


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