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Piranha 3D

Pubblicato il 8 marzo 2011 da Alessandro Izzi
VOTO:


Piranha 3D

The hills have eyes era, appena quattro anni fa, il consumismo del fast food elevato a sistema sociale e politico. La favola di Craven, Alexandre Aja la leggeva allo specchio ed in essa, aggiornata al gusto delle nuove generazioni, tutto era riflesso e la sostanza era il vuoto.
Nessun valore, nessun significato trascendente, niente si opponeva all’azione invisibile delle radiazioni di un male insidioso. Non quello esterno della bomba atomica, ma quello interno delle nostre coscienze ancora troppo vicine, a livello evolutivo, al freddo istinto dei rettili che mordono quando percepiscono il movimento.
Due famiglie, ci raccontava Aja, ed il male in ciascuna di esse. Senza speranze, senza assoluzioni, senza se e senza ma. Un passo più avanti di Craven, anche se ancor lontano dal capolavoro. Tra forma e sostanza permaneva, infatti, una frattura che il grande regista di A nightmare on Elm Street era riuscito ad evitare. Sicché l’immagine era di moda e il contenuto ne era la critica. Film cannibalico non perché parlasse di persone che si mangiavano tra loro, ma perché mangiava se stesso di fronte ad uno spettatore distratto dal barocco del gore.
Due anni dopo, si era nel 2008, Mirrors prese lo specchio che era il tema di The hills con le due famiglie l’una il riflesso dell’altra e ne fece materia di racconto. Non più un sé ed un altro entrambi malevoli, ma un sé e il suo riflesso. Il problema era semmai capire quale dei due malvagio.
Gli specchi Aja li pose in un supermercato, quasi si fosse dalle parti di Dawn of the dead. Dopo il fast food era la volta dello shopping.
La sostanza restava la stessa anche se il discorso politico si disfaceva rimandato da mille specchi in un frantumio di riflessi. Ancora una volta forma e sostanza facevano a pugni, ma avevano smesso di divorarsi a vicenda.
Piranha 3 D oggi, rispettando la cadenza biennale che Aja sembra considerare benaugurale, trasforma il freddo vetro in una superficie riflettente più ambigua e fluttuante: l’acqua di un lago.
Sull’acqua la società si riflette nello stesso vuoto di marche e brands che c’era anche nei due film precedenti. Sotto, il rimosso torna a pelo d’acqua e divora l’immagine, la corrode, la smembra come un acido munito di zanne.
Anche qui, come altrove, la sostanza è il vuoto. Una città organizza una festa di primavera coi ragazzi che ballano in costume. Molto sesso. Tanti ammiccamenti. Corpi nudi e seminudi. Tutti bellissimi. Grosse tette alle ragazze e tartarughe addominali ai maschi. Tutti magri e senza un fil di grasso. Non c’è altro. Non vuole esserci altro. La società che respira a pel d’acqua e vive intorno al lago è già immagine. Quella degli spot televisivi dove tutti sorridono. Quella del vuoto pneumatico dove il massimo dell’ambizione è girare un filmino porno con scene subacquee. I personaggi sono appena attanti di un meccanismo narrativo che quasi non esiste tanto è evanescente. Il bravo ragazzo dice una bugia alla madre e, invece di fare il baby sitter ai fratellini, se ne va in barca a far da guida ad una troupe per un filmettino hard. I fratellini prendono una barca e rimangono bloccati su un’isoletta di sabbia. Frattanto comincia la mattanza coi pesci preistorici, che, riemersi da una fessura vaginea prodotta da un terremoto, fecondano un mondo di ovuli vuoti. Meno di così!
Alexandre Aja azzecca la trovata più brillante che potesse venire in mente ad un regista. Usa la profondità per raccontare l’assoluta piattezza. Lo schermo ha sfondato la terza dimensione, ma il mondo intorno allo schermo s’è per converso fatto più piatto. Il principio dei vasi comunicanti non era mai stato tanto magnificato.
Ed è così piatto il mondo del pubblico in sala che il regista ha bisogno, per far sostanza, di girarsi a guardare il cinema del passato. Così Richard Dreyfuss, l’unico capace di uccidere lo squalo spielberghiano è la prima vittima dei pesci del lago. Mentre Christopher Lloyd resta mad scientist a modo suo. Uno che neanche si chiede come abbiano potuto dei pesci chiusi in una grotta, prolificare per due milioni di anni senza porsi il problema dell’ossigeno ed indenni ad ogni processo evolutivo che sia tale.
Non è la credibilità scientifica che conta. In verità nulla conta. Solo il corpo nudo ed eccitante di questi tanti teen agers che fanno da spuntino a mostri zannemuniti emersi dal passato. E in fondo, qual è il problema? Vengono mangiati tutti i giorni dal mondo in cui vivono e a stento se ne accorgono.


CAST & CREDITS

(Piranha 3-D); Regia: Alexandre Aja; sceneggiatura: Alexandre Aja, Josh Stolberg, Grégory Levasseur, Peter Goldfinger; fotografia: John R. Leonetti; montaggio: Baxter; musica: Michael Wandmacher; interpreti: Steven R. McQueen, Elisabeth Shue, Adam Scott, Christopher Lloyd, Richard Dreyfuss, Dina Meyer, Jerry O’Connell, Ving Rhames, Jessica Szohr, Kelly Brook, Brooklynn Proulx, Riley Steele, Eli Roth; produzione: Chako Film Company, Dimension Films, The Weinstein Company, Intellectual Properties Worldwide; distribuzione: BIM; durata: 88’; webinfo: Sito ufficiale


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