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Riccardo va all’inferno

Pubblicato il 3 dicembre 2017 da Anton Giulio Onofri
VOTO:


Riccardo va all'inferno

“Ho immaginato un Riccardo III che fosse maschera tragica e comica al tempo stesso, così Massimo Ranieri per interpretarlo attinge alla commedia dell’arte ma anche ai supereroi Marvel”… Da queste poche parole della regista Roberta Torre si comprende l’audacia, l’azzardo forse, di un’operazione delicata per un cinema così poco disposto a giocare coi generi come l’Italiano, nonostante i recenti confronti col mondo dei Manga e dei fumetti di film quali Lo chiamavano Jeeg Robot, o Brutti e cattivi. Come già anni fa fece nel pluridecorato Tano da morire con una Sicilia e una Mafia, più che da operetta, da musical scalcagnato e trash, la regista milanese, forse un po’ incautamente, si è appropriata stavolta di quel ‘Tiburtino Terzo’, tra i quartieri-simbolo di una periferia difficile e abbandonata a se stessa, che è per molti, più che un luogo reale (pochissimi romani lo hanno mai visitato né saprebbero indicarlo sulle mappe), lo ‘stato mentale’ di un concetto di città ai margini di tutto: dell’area metropolitana più ‘urbana’ (in ogni senso), ma pure di ogni legale e regolare controllo dello Stato, regno del degrado e della sciatteria culturale e politica i cui frutti riempiono ormai quotidianamente le cronache dei giornali e le pagine di Youtube. La Torre lo ha completamente reinventato nell’allestire questo suo spettacolo cinematografico prodotto e distribuito dalla potente Medusa, di forte impianto teatrale sotto il profilo scenografico, mettendo in bocca alle diverse dramatis personae l’aulica lingua del teatro elisabettiano contaminata con il vernacolo contemporaneo, in un’emulsione in chiave musical all’italiana tra Shakespeare e le saghe dei Supereroi creati da Stan Lee. Il tentativo, fallimentare, era forse quello di riesumare il Camp come chiave di lettura da anni decisamente morta e sepolta, e il risultato è di un’inerzia spettacolare sconcertante, nonostante l’apprezzabile apporto di un convinto Massimo Ranieri e di un’altrettanto volenterosa Sonia Bergamasco. Né si comprende come il pubblico delle nostre sale cinematografiche, ormai privo di qualunque riferimento culturale necessario per decifrare quanto di tradizionalmente riconoscibile è alla base dell’ispirazione del film, possa andare oltre l’apprezzamento del baracconesco look da recita parrocchiale, illustrazione fedele e spietata dell’attuale desolante stato in cui versa la cultura dello spettacolo del nostro Paese.


CAST & CREDITS

(Riccardo va all’inferno); Regia: Roberta Torre; sceneggiatura: Roberta Torre, Roberto Bariletti; fotografia: Matteo Cocco; montaggio: Giogiò Franchini; musica: Mauro Pagani; interpreti: Massimo Ranieri, Sonia Bergamasco, Silvia Gallerano; produzione: Paolo Guerra; origine: Italia, 2017; durata: 91’


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