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Roma 2008 - All human rights for all - L’altro cinema

Pubblicato il 28 ottobre 2008 da Donato Guida


Roma 2008 - All human rights for all - L'altro cinema

Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha stilato e proclamato una lista di 30 Diritti, conosciuti come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. A quasi quarant’anni dalla sua proclamazione, questa lista ha (purtroppo) bisogno di una vitale spolveratina, perché sono ancora in molti a non aver ben chiari i Diritti che appartengono, in egual misura, ad ogni uomo. I Diritti umani hanno il compito di proteggere (magari grazie all’aiuto dello Stato) tutti i cittadini, ma, oggigiorno, basta voltare qualsiasi angolo per ritrovarsi dinanzi alla violazione di uno di questi Diritti.
A soccorso di questa degradazione è corso il cinema italiano; la settima arte peninsulare ha avuto la forza e il coraggio di rileggere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani; trenta cortometraggi atti a rivelare l’essenza di ognuno dei fondamentali trenta Diritti.
Forse è la prima volta nella storia del cinema italiano che tanti registi (trenta, uno per ogni Diritto) collaborano insieme (senza contare il folto numero di attori ed altri lavoratori del campo) ad un unico progetto. Il risultato però non vanifica assolutamente lo sforzo fatto.
All Human Rights for all è un bel lavoro corale, che vede all’opera sia giovani che già affermati registi (da Emmer a De Seta, fino a Veronesi, Infascelli, Luchetti, Grimaldi, Di Biagio, Camarca, De Matteo) ed ottimi attori (Herlitzka, Finocchiaro, Mastandrea, Papaleo, Caprioli, Sansa), a lavoro per una giusta causa.
Presentato in anteprima alla terza edizione del Festival Internazionale del film di Roma, l’opera ha ricevuto innumerevoli applausi da parte del pubblico. Il collage visto era composto solo da dodici lavori: bisognerà attendere gli altri diciotto; ma per quel che si è visto, lo scopo è stato senza dubbio raggiunto. La maggior parte degli episodi è davvero intelligente, altri forse peccano sotto un profilo tecnico, ma resta la forte idea di base. Si incrociano stili diversi (dalla commedia al dramma, fino alla satira) in un film collettivo che gioca, in ogni episodio, all’ombra del grottesco: ovvero, come far recepire un Diritto alle persone, mostrandolo attraverso la sua violazione. Tra le dodici sequenze visionate, la più simpatica (ma non per questo meno impegnata) è senza dubbio quella di Veronesi, interpretata dal bravo Rocco Papaleo. Piazza Montecitorio: un uomo, rivolgendosi al Palazzo che rappresenta lo Stato, urla la sua storia (con grande rabbia e desolazione). Sposato con una donna russa, padre di due figli (un maschio, di nome Andrea, e una femminuccia, di nome Andrea, visto che in Russia questo nome è usato per le donne), l’uomo è stato tradito dalla moglie, che lo ha abbandonato per un professore d’inglese amante di Shakespeare. A questo punto l’uomo, forte dell’articolo 16 (il Diritto di matrimonio e di famiglia che prevede che lo Stato aiuti la famiglia), se la prende con lo Stato stesso, chiedendogli di proteggere un suo Diritto violato. L’unica cosa che ottiene è di essere portato via dalla polizia, mentre le parole in sovraimpressione recitano: “Lo Stato ha il dovere di proteggere la famiglia, ma nulla può contro i sonetti di Shakespeare”. Infatti, il più delle volte, è lo Stato stesso che lascia i cittadini indifesi, perché ha troppa paura (ho svogliatezza) per combattere contro delle violazioni che altro non dovrebbero essere se non dei fantasmi.
Alla fine dell’opera ci si potrebbe porre una fondamentale domanda: “Com’è mai possibile che un film possa farci realmente capire qualcosa che vediamo e ignoriamo tutti i giorni?”. A volte il cinema riesce a filtrare la realtà e renderla ancora più reale: tutto dipende dall’abilità di persone quali registi, attori, sceneggiatori.
L’arte cinematografica al servizio dell’Umanità.


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