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Room

Pubblicato il 4 marzo 2016 da Antonio Napolitano
VOTO:


Room

Consigli per l’uso. Partiamo con una premessa. Room appartiene alla categoria di film per cui meno si è a conoscenza di informazioni e di elementi della trama e più interessante e spiazzante ne può risultare il film. Pertanto si cercherà, per quanto e fin dove possibile di non svelare troppi dettagli della storia.

Room è un film con una struttura narrativa che agisce per difetto, dove molte informazioni restano latenti se non addirittura fuorvianti. E succede così fin dall’inizio. Da quando lo spettatore si trova di fronte alla storia di una giovane mamma e di suo figlio Jack che ha appena compiuto cinque anni e che vorrebbe festeggiarli con una torta e delle normalissime candeline come un qualunque bambino di questo mondo. Ma Jack quelle candeline non può averle perché sua mamma non può permettersele. E se lo spettatore inizialmente sembra trovarsi davanti ad un “normalissima” storia di povertà e di disadattamento sociale, dopo poco si rende conto che lì, in quella casa c’è qualcosa che non quadra. Perché sebbene Jack si raffiguri il mondo attraverso il suo punto di vista come un normalissimo bambino, si capisce che c’è una forte discrepanza tra il reale e l’immaginario. Jack infatti non ha mai visto in vita sua nessun essere vivente al di fuori di sua mamma e quello strano tizio che si presenta ogni tanto nella Room e che chiamano Old Nick.

Tratto dall’omonimo romanzo Room (in italiano Stanza, letto, armadio, specchio) della scrittrice Emma Donoghue, in questo caso anche sceneggiatrice, il film è diretto dal regista irlandese Lenny Abrahamson (Adam & Paul, What Richard Did, Frank) e si ispira al caso Fritzl, ma potrebbe anche essere associato a quello più recente di Ariel Castro per restare nei confini statunitensi. Una storia spietata, in cui ci si ritrova inconsapevolmente nel baratro degli inferi e da cui bisogna lottare contro se stessi per uscirne vivi. Ma quello che interessa agli autori non è la storia in sé, non è il lato voyeur, non sono gli abusi, non solo le violenze, ma i pensieri e i sentimenti di un bambino e di una mamma violati. E ciò è evidente soprattutto attraverso i tagli della macchina da presa, che riesce a tagliare fuori le vergogne e a inquadrare i sogni e i pensieri di chi è costretto a stare in quegli inferi. Perché se è vero che il film sia deviante perché porta a credere che il punto di svolta sia sempre un altro e a far immaginare sempre differenti sviluppi, quello che veramente resta e verso cui tutto ruota è il mondo di Jack. Un mondo puro, innocente, cristallino. Quel mondo che deve scontrarsi con l’altro mondo, ciò che si dice sia la realtà e che prima il bambino non aveva mai potuto vedere se non attraverso le immagini viste alla televisione. E così Jack sarà costretto a dare l’addio alle forme di “vita” che aveva conosciuto nella sua Room e che per anni erano stati i suoi unici amici veri: tutti gli oggetti lì presenti, dal lavandino all’armadio. Oggetti che possono diventare reali proprio come nelle favole.

Interpretato magnificamente dai due protagonisti, Brie Larson (la mamma) e Jacob Tremblay (il bambino Jack), Room è un film intenso, sofferto, che avanza in punta di piedi. Soprattutto nella seconda parte, per alcuni versi la più difficile, quando avviene la svolta e arrivano le telecamere, i riflettori delle televisioni che puntano allo scandalo e ad entrare nelle viscere del dolore. Quel dolore di una madre che deve diventare a tutti i costi una colpa; ad iniziare dal padre/nonno che non accetta il nipote oppure quando la ragazza per giustificare il suo dolore deve incolpare la madre per averle insegnato ad essere gentile e disponibile. In tutti quei momenti, lo spettatore guarda dalla finestra, in silenzio, con dovuto rispetto si fa partecipe del dolore e non si pone come l’intervistatrice della televisione che fa di tutto per allestire un processo mediatico contro la povera donna. Contro e sopra di tutti c’è Jack, che con il suo mondo e il suo sguardo incantato anche davanti all’orrore, monta e smonta i suoi pezzettini Lego, decostruendo le complessità, i torti della perversione umana che si sazia solo quando la vittima finisce per diventare a sua volta carnefice.


CAST & CREDITS

(Room); Regia: Lenny Abrahamson; sceneggiatura: Emma Donoghue; fotografia: Danny Cohen; montaggio: Nathan Nugent; musica: Stephen Rennicks; interpreti: Brie Larson, Jacob Tremblay, Joan Allen, Sean Bridgers, William H. Macy; produzione: Telefilm Canada Film4, Irish Film Board, Ontario Media Development Corporation; Element Pictures, Duperele Films; distribuzione: Universal Pictures; origine: Irlanda, Canada, 2015; durata: 118’; Proposta di voto: 4 stelle su 5


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