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Sacro Gra finalista al Doc/it Professional Award

Pubblicato il 18 maggio 2015 da Giovanna Branca
VOTO:


Sacro Gra finalista al Doc/it Professional Award

Il film simbolo che, con la sua vittoria al Festival di Venezia del Leone d’Oro come miglior film, ha scardinato le categorie di opera cinematografica riconfigurando la definitiva affermazione del cinema documentario e che ha portato sotto i riflettori il talento e l’eccellente livello del Cinema del Reale italiano, concorre ora a diventare il migliore documentario italiano dell’anno. Sacro Gra di Gianfranco Rosi è uno dei cinque film finalisti al Doc/it Professional Award, l’unico premio di categoria che ha coinvolto più di 150 professionisti del settore votare le migliori opere del Cinema del Reale fra oltre le 80 che hanno partecipato quest’anno.

Sul film Rosi ha dichiarato: Nel periodo in cui giravo avevo in mentre tre parole: sottrazione, trasformazione e struttura. Dare il minimo di informazioni su persone e luoghi, creare un universo in cui la realtà si trasforma in qualcosa d ’altro, comporre una drammaturgia che rispetti l’ordinario

Il documentario è proiettato nelle sale di 14 città, in Italia e in Europa, grazie a Il Mese del Documentario, manifestazione giunta quest’anno alla terza edizione e che ha visto triplicare il suo pubblico nell’edizione precedente. Organizzato e fortemente voluto da Doc/it - Associazione Documentaristi Italiani in collaborazione con l’Associazione dell’Autorialità Cinetelevisiva 100autori, Il Mese del Documentario nasce con l’intento di promuovere e diffondere il meglio del Cinema del Reale in sala e, in una formula unica nel suo genere, quest’anno si tiene a Roma, L’Aquila, Bari, Milano, Napoli, Nola, Noto, Nuoro, Palermo, Trieste e per l’estero Berlino, Grenoble, Londra e Parigi nell’arco di un intero mese di proiezioni.

Di seguito la recensione del documentario.

Avviluppa Roma come un serpente il Grande raccordo anulare, familiarmente noto come GRA: “la più grande autostrada urbana d’Italia”. Ed è lì che il regista Gianfranco Rosi va a cercare le sue storie - o meglio i suoi personaggi - per il documentario Sacro Gra, seconda opera di non fiction vista in concorso a Venezia 70 dopo The Unknown Known di Errol Morris.
In molti hanno storto il naso: Sacro Gra non racconta la Roma di tutti i giorni, quella dei pendolari, degli studenti, dei romani che passano sul Raccordo buona parte delle loro giornate. Il GRA di Rosi è un non-luogo: l’autostrada della capitale ma al contempo onirico percorso tra personaggi grotteschi e straordinari che sono si romani, ma hanno la caratura di eroi letterari universali. Personaggi che vivono in una Roma in cui il cupolone si cita solo en passant e in cui nel Tevere ancora si pescano le anguille.
La forza dell’opera di Rosi – oltre che nelle magnifiche immagini di questi posti semi sconosciuti – risiede proprio nelle piccole ma grandi storie che porta sullo schermo. Aggirandosi per le periferie di Roma scova sette personaggi “in cerca d’autore”: le loro storie, come già quella del sicario della sua opera precedente, sono già cinema. Serve solo che il cinema vada loro incontro, anche se in potenza è già li. Tenute insieme dall’ambulanza che pattuglia il Raccordo, e dalle vicende private del barelliere che ci lavora, le storie di Rosi sono semplicissime ed al contempo epiche: il principe senza corona e con titoli farlocchi che affitta la sua villa kitsch a Boccea come Bed & Breakfast e per la realizzazione di fotoromanzi (che incredibilmente esistono ancora, anche se l’ultima che ne avevamo sentito parlare era in Lo sceicco bianco); un elegante signore filosofeggiante che vive con la figlia in un palazzone a ridosso del raccordo; due attempate signore transessuali che chiacchierano tra loro; un pescatore di anguille tiberine; un botanico che fa la guerra agli insetti che infestano e divorano le palme. Rispetto al precedente El Sicario Room 164 il contesto, l’ambientazione, torna ad essere protagonista insieme alle persone: né potrebbe essere altrimenti dato che è il GRA - questo straniante ambiente ultra-urbano ai cui margini pascolano però le pecore - che produce le sue storie, che fa da trait d’union tra i personaggi del film. Non uno spaccato della Roma quotidiana ma di quella sommersa, non un documentario realista sulle dinamiche di un luogo di transito che in moltissimi vivono in prima persona, ma le sue storie nascoste. Storie che da documenti diventano vicende epiche, trame poetiche da cinema di finzione.
Se per alcuni questa è furbizia, sarebbe più giusto dire che il cinema può trovare anche nella sua forma documentaria un modo di far combaciare la realtà con ciò che la trascende. Da sola, la lotta forsennata dell’anziano botanico con le larve nemiche delle sue amate palme non ha niente da invidiare ad una tragedia classica.


(Sacro Gra) Regia: Gianfranco Rosi; sceneggiatura: da un’idea originale di Nicolò Bassetti; fotografia: Gianfranco Rosi; montaggio: Jacopo Quadri; produzione: DocLab; distribuzione: Officine Ubu; origine: Italia; durata: 93’.


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