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Saint Amour

Pubblicato il 2 novembre 2016 da Alessandro Izzi
VOTO:


Saint Amour

Gerard Depardieu, quando lavora sulle piccole cose, sui ruoli che richiedono la leggerezza del cesello, sa spesso essere un gigante.
In Saint Amour, il grande attore francese interpreta Jean, un anziano coltivatore e allevatore che si ostina a non lasciare il suo lavoro malgrado l’età avanzata e la possibilità più che concreta della pensione. Figura fragile che non scivola nel patetico, di delicata ironia che non scade mai in macchietta, ha, grazie al talento dell’interprete, una verità inusuale in un film come questo di comicità grossa, ma che non scivola mai nel volgare che da noi sarebbe stata la scappatoia più immediata.
La storia è presto detta: persa la moglie da poco, il vecchio padre di famiglia tenta di ricostruire un rapporto con Bruno (Benoît Poelvoorde) un figlio senza troppe qualità, nella speranza di convincerlo a prendere le redini dell’azienda familiare. Cosa che il ragazzone giammai cresciuto tende a rifiutare preferendo indulgere nella sua personale religione del vino e dell’ubriachezza che sembra essere suo unico motivo di vita, ma anche fonte delle sue sventure dal momento che, ebbro e molesto per la maggior parte del tempo, fatica a trovare una compagna.
Nel tentativo di riavvicinarsi a Bruno, Jean organizza un tour del vino che lo porta nella parte più agricola della Francia a bordo di un taxi guidato da Mike (Vincent Lacoste) che del terzetto così improvvisato sembra essere, fin quasi i due terzi del film, il componente più equilibrato. Fino al cadere della cortina delle menzogne in vista di un finale all’insegna della famiglia allargata che pure qui da noi sarebbe fantascienza.
Nel giro di appena un’ora e quaranta di proiezione i registi Benoît Delépine e Gustave Kervern mettono a cuocere in una ricetta assai gustosa, un’enorme quantità di ingredienti. Si comincia con il confronto tra vita contadina e vita cittadina e con la descrizione scanzonata di un mondo che ha perso dimestichezza con la nobiltà del lavoro della terra che viene qui raccontato senza derive romanticheggianti. Si procede poi con l’entrare di peso nelle contraddizioni dei rapporti familiari e con la poetica restituzione di un dialogo che stenta a prendere il volo quando alle parole si preferisce più spesso una terragna gamma di silenzi calcificati in abitudine. E si finisce, quindi, in derive surreali che bene esemplificano l’assurdità del vivere contemporaneo di un millennio nato nella confusione delle idee e nella morte degli ideali.
Il film ha una struttura a suo modo porosa, dal momento che ogni idea comica (alcune folgoranti, altre meno) tende spesso a lasciare il posto a piccole oasi di nostalgia e di compianto che danno al film una profondità inusuale. Una scelta che permette ai momenti più surreali, agli incontri più improbabili di aprirsi con leggerezza, abbracciando quasi le contraddizioni del vivere.
Saint Amour è così un film a suo modo intrigante anche se non miracoloso. Bello per gli attori eccellenti e fondato su una sceneggiatura piuttosto convincente, ma meno innovativo di quanto sarebbe stato lecito chiedere stante le premesse. Eppure schietto e sincero come un buon vino robusto di quelli che si facevano una volta.


CAST & CREDITS

(Saint Amour); Regia e sceneggiatura: Benoît Delépine, Gustave Kervern; fotografia: Hugues Poulain; montaggio: Stéphane Elmadjian ; musica: Sébastien Tellier; interpreti: Gérard Depardieu, Benoît Poelvoorde, Vincent Lacoste, Céline Sallette, Gustave Kervern, Andréa Ferréol, Chiara Mastroianni, Izia Higelin, Ana Girardot, Michel Houellebecq, Solène Rigot; produzione: JPG Films, No Money Productions, DD Productions, Nexus Factory, Umedia; distribuzione: Movies Inspired; origine: Francia, Belgio, 2016; durata: 101’


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