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"SARAJEVO Storie di un assedio" Rassegna al Sole-Luna Palermo Doc Film Festival dal 21 giugno‏

Pubblicato il 20 giugno 2016 da Carlo Dutto


"SARAJEVO Storie di un assedio" Rassegna al Sole-Luna Palermo Doc Film Festival dal 21 giugno‏

Nel corso del Sole-Luna Palermo Doc Film Festival, che si svolgerà dal 20 al 27 giugno, in occasione del ventennale della fine della guerra di Bosnia, verrà presentata la rassegna dei film di Giancarlo Bocchi "SARAJEVO - Storie di un assedio”. Per la prima volta verranno presentati tutti insieme i film documentari realizzati dal regista nella capitale bosniaca durante la guerra: "L’assedio - millegiorni a Sarajevo", "Diario di un assedio", "Il ponte di Sarajevo" e "Gente di Sarajevo". Il primo documentario "L’assedio - mille Giorni a Sarajevo" sarà proiettato martedi 21 giugno alle ore 21 al Cinema De Seta - Cantieri la Zisa.

Sono documentari frutto di un grande impegno personale, artistico e produttivo (il regista ha girato in solitudine durante l’assedio più di 50 ore di video, alcune ancora inedite) che nel corso degli anni hanno ricevuto diversi riconoscimenti nei festival del cinema e che sono stati trasmessi in varie versioni da Rai Uno, Rai Due, Rai Storia, Tele+Sky.

"Sono contento che finalmente questi lavori, che mostrano il dramma della guerra ma anche le molte facce, quelle più segrete e più misteriose dell’assedio della capitale bosniaca, si possano vedere tutti insieme. La Bosnia è una ferita ancora aperta al centro dell’Europa. Si cerca di nascondere una situazione esplosiva. Il paese è stato classificato dall’Onu al ventesimo posto tra i paesi più poveri del mondo. Questa classifica è impressionante considerato che è un paese europeo e non del terzo mondo. Il 50 % della popolazione è disoccupata, 100 mila bambini rischiano di morire di denutrizione e malattie. C’è una preoccupante crescita dell’islamismo di matrice terroristica e nella fazione serba sono tornati a sbraitare con violenza i nostalgici dei criminali di guerra Karadzic e Mladic. Da tempo metto in guardia su una possibile esplosione di un nuovo conflitto. L’Europa può permettersi una nuova guerra ad un tiro di fucile dai suoi nuovi confini?"

Nel corso del Festival di Palermo, dedicato quest’anno ai diritti civili, con 34 documentari sul tema, Giancarlo Bocchi sarà uno dei relatori del convegno "Diritto e cinema. Gate Speech, libertà di espressione e Media" e presenterà, prima delle proiezioni dei suoi film, i suoi libri "Il Ponte di Sarajevo" e "L’ Assedio. Gente di Sarajevo", quest’ultimo uscito qualche mese fa.

A proposito di diritti civili dice il regista: "I miei film mostrano sotto vari aspetti quello che è accaduto ai tempi della guerra. Sono un monito affinché non si ripetano più conflitti, ma pare che i governi occidentali non abbiamo imparato una lezione costata 100 mila morti, distruzioni, costi miliardari per il mantenimento di truppe di pace e per la ricostruzione parziale del paese. Infatti hanno lasciato che al governo della Bosnia rimanessero i rappresentanti dei partiti oltranzisti che avevano scatenato la guerra nle 1992 e che negli ultimi vent’anni hanno affamato il paese. Senza giustizia non ci può essere pace."

Dalla Bosnia in poi Giancarlo Bocchi a girato in solitudine un numero impressionante di lavori. Tre film documentari in Kosovo e molti altri nei 18 conflitti che ha seguito in giro per il mondo. L’ultimo quello del Kurdistan dove ha girato un documentario di una serie di sei (Afghanistan, Birmania, Cecenia, Colombia, Western Sahara e Kurdistan) sulle donne che combattono per i diritti umani e la libertà.

La rassegna "Sarajevo - Storie di un assedio" dopo le proiezioni al Festival di Palermo diventerà intinerante e verrà presentata in altre citta italiane.

I FILM

L’ASSEDIO - MILLE GIORNI A SARAJEVO

Nell’aprile del 1992 il cinquantenne Hidajet, manager di un’azienda di Stato, ateo di etnia musulmana e fervente ammiratore di Tito, in poche ore si ritrovò con tutta la famiglia in prima linea. Era costretto a combattere nelle trincee di Sarajevo contro i “cetnici”, la milizia riemersa dai sepolcri della storia, che gli aveva ammazzato il padre partigiano nel 1942, prima ancora che lui nascesse. Hidajet, pur imbracciando le armi, lottava per non assuefarsi alla morte e non accettare una guerra così inspiegabile e avvolta da una ragnatela d’interessi inconfessabili. In città anche la sua famiglia era in prima linea. Nella casa sotto il fuoco dei cecchini e dell’artiglieria, la madre Muniba, già partigiana di Tito, e la moglie Gordena, serbo-montenegrina con nonni croati e italiani, difendevano ogni giorno le loro radici multietniche e resistevano all’assedio. Senza luce, senz’acqua, senza cibo, sostenevano Hidajet e Nebojsa, il figlio ventenne di Hidajet e Gordena, che studiava pittura e scultura all’Accademia, e passava tre giorni la settimana tra colori, pennelli, tele, sculture e quattro al fronte, con un fucile di precisione tra le mani. A vent’anni dalle prime riprese del film, Hidajet e i suoi familiari sono tornati a raccontare l’assedio. Muniba ha novantasei anni e vorrebbe morire senza vedere la quarta guerra della sua vita. Hidajet, dopo essere andato in pensione, si è laureato in letteratura e in una raccolta di poesie ha scritto: “Noi, gli ultimi del mondo di mezzo. Noi, tra i morti e i vivi”. Gordena è sempre afflitta e disperata per il suo paese oggi diviso in entità diverse in mano anche ai profittatori di guerra. Nebojsa è ormai un artista conosciuto a livello internazionale, ma punto da amarezza profonda. “La guerra è stata persa da tutti in ugual modo. E non solo abbiamo perso la guerra, ma abbiamo perso anche la pace”. Venti primavere sono passate, ma la lotta seguita ancora.

IL PONTE DI SARAJEVO

Il ponte Vrbania è il luogo simbolo della tragedia bosniaca. Il 5 aprile 1992 inizia sul quel ponte di Sarajevo l’assedio più lungo della Storia e un anno dopo si compie il destino di Moreno "Gabriele" Locatelli.

Il 3 ottobre 1993, per rompere in modo simbolico l’assedio della città, quattro attivisti dei “Beati i costruttori di pace” decidono di attraversare il ponte, conteso da tutte le forze militari in guerra. Locatelli, sebbene sia contrario a quella manifestazione suicida, si unisce loro per aiutare gli eventuali feriti nell’impresa, che ritiene una trappola. A essere colpito da una raffica e abbandonato dai compagni a dissanguarsi sul ponte sarà proprio lui, Moreno "Gabriele" Locatelli, eroe suo malgrado predestinato, per quella passione per gli altri, i più deboli, anche negli inferni nostrani di Corleone e Scampia.

La vicenda, all’apparenza minore contro lo sfondo immane del conflitto più crudele e sanguinoso in Europa dalla seconda guerra mondiale, svela altro: un intreccio di interessi delittuosi, che prospera sulla falsificazione e sul crimine e avvolge e penetra fino gli attuali vertici della Repubblica di Bosnia, protetto da una cortina internazionale di ipocrisia e menzogna.

DIARIO DI UN ASSEDIO

Girato durante l’assedio della capitale bosniaca, Diario di un assedio raccoglie le testimonianze inedite di una decina di giornalisti italiani che hanno vissuto e raccontato i mille giorni di Sarajevo. È un "documento" girato inizialmente da Giancarlo Bocchi come materiale di ricerca sul giornalismo di guerra in preparazione del lungometraggio per il cinema Nemaproblema. A vent’anni dalla fine della guerra, Diario di un assedio illumina aspetti politici, militari e anche umani degli avvenimenti svoltisi nella città assediata, consegnandoci un’indagine preziosa per la ricostruzione storica. Nel documentario, Ettore Mo, decano degli inviati di guerra italiani di quel periodo, tra racconto personale e testimonianza di una grande tragedia dice: "Amo moltissimo Sarajevo, amo il suo dolore, amo la sua angoscia, sono preso.... perché il dolore é infinito, perché la pena é infinita... hanno cercato di distruggere l’animo di Sarajevo ma non la distruggeranno mai l’ anima di Sarajevo... "

GENTE DI SARAJEVO

Vent’anni fa, il 18 marzo 1996, con l’applicazione delle ultime clausole del trattato di Dayton aveva termine l’assedio di Sarajevo. Dopo indicibili sofferenze durate più di mille giorni, i sarajevesi, silenziosi e composti nel loro dolore, tornarono quel giorno a popolare le strade della città.
 Non si abbandonarono a manifestazioni di esultanza, non sfilarono in parate, con discorsi ufficiali, plotoni d’onore, soldati pronti a scattare sull’attenti, nuovi e vecchi eroi da decorare. Sotto un cielo plumbeo, in quella giornata storica, regnava il silenzio. Per le vie della città finalmente libera, quasi stupiti di essere ancora vivi, c’erano anche Mimo, Greta, Serif, Edo e altri sconosciuti campioni di una strenua, formidabile resistenza umana alla barbarie, fatta di fame, sete e freddo, pioggia di granate, stragi, paura e assuefazione alla paura. I cittadini del film, vittime inermi e combattenti coraggiosi, creature offese ed eroi disarmati, tutti accomunati nel martirio di Sarajevo, resero allora, con il potere della parola, una testimonianza diretta e dolente che oggi dimostra di trascendere la narrazione documentaristica per farsi apologo esemplare su una fra le immani tragedie del secolo breve.

Per maggiori informazioni:
impdistribuzione@gmail.com


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